Dal ristorante al bagno, dall’aereo alla cena con le amiche etc.: ogni pretesto è buono per scattarsi una foto. Tutti coloro che sono selfie addicted, secondo gli psicologi della Nottingham Trent University e della Thiagarajar School of Management, potrebbero soffrire di un vero e proprio disturbo mentale. Nello studio condotto dai ricercatori indiani, e pubblicato sull’International Journal of Mental Health and Addiction, si parla infatti di “selfite” che risulta essere, a tutti gli effetti, una patologia ossessivo-compulsiva.
Selfie addicted: quando l’autoscatto è compulsivo
Stando a quanto riporta il sito di Marie Claire i ricercatori, al fine di poter trarre le loro conclusioni, hanno intervistato un gruppo di 400 studenti indiani. Un Paese scelto non a caso. Qui, infatti, si registra il maggior numero di utenti iscritti a Facebook (180 milioni nel 2017). Ma non solo. C’è anche il più alto numero di morti correlati proprio ai selfie.
Soffrite di selfite?
Ai partecipanti al sondaggio è stato chiesto di esprimere il proprio parere attraverso l’attribuzione di un punteggio da 1 a 5 ad affermazioni del tipo: “Quando non faccio selfie mi sento distaccato dal mio gruppo sociale”. O ancora “fare più selfie migliora il mio umore e mi fa sentire felice”. L’obiettivo? Capire il livello di “selfite” degli utenti. Grazie alle informazioni raccolte, gli scienziati sono stati in grado di stabilire tre differenti gradi di dipendenza dai tanto odiati e amati selfie.
I tre stadi della malattia
“Borderline” è la categoria che identifica quelle persone che scattano selfie, almeno tre volte al giorno, ma senza necessariamente pubblicarli sui social network. Nella forma “Acuta” la selfite porta a fare molti autoscatti. Tutti vengono postati online. La versione “Cronica”, invece, porta a pubblicare circa sei selfie al giorno. Il motivo? Il bisogno di rispondere a un desiderio irrefrenabile: sentirsi al centro dell’attenzione.