La rottura di un rapporto può essere superata in anni difficili. Ma anche in pochissimo tempo. Cosa differenzia chi riesce ad andare avanti buttandosi alle spalle un rapporto. E chi invece rimane in una bolla di disagio a lungo?
È una delle domande più frequenti, ha spiegato la dottoressa Meg Jay – psicologo clinico – al Daily Mail online. Secondo l’esperto la resistenza non è un tratto della personalità. Lavorare con il dolore è una lotta interiore per tutti. Tuttavia, una ricerca ha dimostrato che alcune persone hanno un’inclinazione naturale all’allenamento alle avversità.
Superare la rottura: un allenamento alle avversità
Uno studio del 2000 sui prigionieri di guerra nella Germania orientale, ha rivelato come solo alcuni fossero inclini a sviluppare una forza contro le avversità.
Il PTSD, ovvero “disturbo post traumatico da stress” è stato studiato per anni. Lo studio condotto sui prigionieri da Anke Ehlers dell’Università di Oxford, ha sottolineato come le persone che ne hanno sofferto, non sono riuscite a superare le rotture dalla loro vita precedente alla prigionia. Il fatto di non essere colpiti da PTSD ha in sostanza dimostrato che alcuni individui nascono con un’inclinazione alla positività.
La dottoressa Jay, che cita questa ricerca nel suo libro ” Supernormale: la storia incontaminata di avversità e resistenza” , afferma che non sappiamo cosa spinge alcuni prigionieri di guerra a superare una tortura. O – più banalmente – cosa spinge chi si alza dal letto un’ora prima per una corsa d’inverno. Insomma: si nasce più forti? A questo non c’è ancora risposta. Tuttavia possiamo fare qualcosa per attraversare il dolore e superare la rottura. Qualunque tipologia sia.
Quando diciamo: il dolore “gli è rimbalzato”, non ci esprimiamo correttamente. La maggior parte delle persone in realtà “combatte” contro i cattivi sentimenti. Jay ha curato in 20 anni innumerevoli pazienti convinti che le rotture sentimentali fossero indicatori della loro “fortuna in amore”. Sbagliato: il passato, così come il rapporto che lega (o ha legato) i nostri genitori, non deve essere considerato. O meglio: l’ombra del passato non deve offuscare il nostro presente. Sono in molti a concentrarsi sul dolore della perdita di una persona cara. Sulla perdita di un lavoro o sulla rottura della relazione. Sarebbe un bene invece, fermarsi a ricordare come ci siamo comportati dopo quelle situazioni di disagio. E fare un elenco di tutti quei momenti “post trauma”. Questa è la prima mossa da effettuare per sentirsi meglio.
Volontà “d’acciaio”
Correre al mattino è un esempio di azione che ci porta al benessere. Sembra un suggerimento poco affidabile, ma l’esperta assicura che sforzarsi di farlo con continuità permette “l’effetto d’acciaio”. “Se posso fare questa piccola cosa, posso fare la prossima cosa piccola, e allora sono in grado di continuare”. Mentre corriamo pensiamo che lo sforzo durerà per troppo tempo. Quando abbiamo finito ci sentiamo meglio: è stato meno pesante di quanto credevamo all’inizio.
Lo stesso accade nelle rotture. Una volta attraversato tutto il dolore – e occorre attraversarlo – allora ci rendiamo conto che la separazione era la corsa iniziale. E che finita, ci sentiamo meglio.
Terza mossa. Concentratevi su qualcosa: un impegno, un lavoro, un hobby. Anche se all’inizio vi sembrerà poca roba, vi aiuterà a distrarvi dalla tristezza. E senza che ve ne rendiate conto, vi porterà a trovarvi in situazioni che occuperanno mente e chissà, anche cuore.
Farsi aiutare è sinonimo di forza
Siamo alla quarta mossa. Le persone che ci sono vicine non vanno allontanate. Ci dicono che possiamo vincere il dolore. “Essere forti significa permettere agli altri di aiutarci a essere forti”. Essere aiutati, non significa dimostrare a noi stessi che siamo deboli.
Arriviamo alla quinta mossa suggerita dalla Jay. Non siamo gli unici a soffrire. E non saremo mai gli ultimi. Questo è un punto fondamentale per ritrovare noi stessi dopo una separazione. Se tutte le persone che hanno subito la fine di un amore avessero ceduto allo sconforto, il mondo non andrebbe avanti. Ricordiamoci chi siamo. E soprattutto non facciamoci definire deboli. Siamo solo noi a definirci. Inoltre, se alcuni prigionieri di guerra ce l’hanno fatta, perchè non dovremmo farcela noi?