Se cercate sul web informazioni sulla cosiddetta crisi di mezza età troverete moltissimi articoli che ne danno per scontata l’esistenza. Eppure non è così, almeno stando ad una buona parte della comunità degli psicologi. Secondo loro, non esiste uno specifico momento di difficoltà psicologico-emotiva legato agli anni. Ogni ‘crisi’ è personale, legata ad accadimenti individuali, non è una questione generalizzabile. Invece secondo alcuni economisti questa problematica esiste, ed è statisticamente evidente.
Perché dovrebbero interessarsene gli economisti? Semplice: perché la felicità di un popolo è strettamente legata al benessere e alla produttività. Un articolo di Bloomberg ha messo a confronto gli autori di uno studio che confermerebbe l’esistenza della crisi di mezza età, con una psicologa che dà voce ad un’ampia fetta della sua categoria affermando che non esiste un periodo della vita adulta definibile con l’età della crisi.
Crisi di mezza età: reale o no?
La crisi di mezza età è stata teorizzata per la prima volta negli anni ’60. Si tratterebbe di un momento in cui la felicità e la soddisfazione declinano, incluso tra i 30 e i 50 anni. La buona notizia è che comunque la felicità ritorna dopo i 50. Colpirebbe soprattutto gli uomini – e il marketing ha fatto leva su questo a man bassa (un’auto sportiva per compensare la crisi di mezza età? un orologio prezioso? o semplicemente una scappatella?), ma anche le donne non ne sarebbero immuni. In queste due decadi, anno più l’entusiasmo dei 20 anni scema, la felicità con esso, e la vita sembra essere meno soddisfacente di come la si sperava. Dopo i 50, maturità pienamente acquisita, tutto tornerebbe ad essere più roseo.
Il dibattito
Secondo lo studio condotto dagli economisti Andrew Oswald e David Blanchflower la crisi di mezza età è statisticamente evidente. I ricercatori hanno analizzato i livelli di felicità di 1.3 milioni di persone, in 51 diverse nazioni. (Le indagini sulla ‘felicità’ degli abitanti di un paese vengono condotti regolarmente da moltissime organizzazioni nel mondo). Incrociando i dati, risulterebbe evidente l’inflessione, anzi, la curva a U che prende il grafico della soddisfazione personale: felici prima dei 30, meno tra i 30 e i 50, soddisfatti della propria vita dopo i 50. Secondo i ricercatori accade a tutti, in ogni paese analizzato.
Eppure, ribatte la dottoressa Susan Krauss Whitborne, professoressa di psicologia, questa teoria non trova alcun riscontro nelle osservazioni della sua categoria. Nessun link evidente, nessun legame tra felicità/infelicità e quanti anni si compiono. Una possibile interpretazione erronea può provenire dal fatto che la statistica non contempla le vicende personali, e tra i 30 e i 50 anni è semplicemente più comune che nella vita si stiano attraversando momenti complicati. Per esempio un divorzio o una relazione ‘stanca’, una carriera in difficoltà, un mutuo da pagare. Ma è solo una questione di probabilità. Il tasso di suicidi è molto più alto dopo i 50 anni, e anche gli adolescenti sono spesso infelici: in quale ‘età’ sarebbe categorizzabile la loro ‘crisi’? Il dibattito è acceso e interessante.