E’ vero, a volte il primo impatto con una persona trae in inganno, e ci ritroviamo a rivalutarla nel tempo. Tuttavia diversi studi affermano che, a livello profondo, quasi inconscio, già dai primi 5 secondi di conoscenza ‘inquadriamo’ una persona. E se questo è vero nella vita quotidiana, lo è ancor più durante i colloqui di lavoro: chi ci esamina ha poco tempo a disposizione per capire se il candidato è valido. Pochi minuti che potrebbero cambiare la vita di qualcuno. Curriculum a parte, secondo l’esperta comportamentalista Vanessa Van Edwards ci sono alcuni atteggiamenti, alcune ‘mosse’ che durante i colloqui permettono di lasciare una buona prima impressione (fonte).
Il body language parla durante i colloqui
Si tratta per esempio di un linguaggio del corpo che esprima sicurezza in sé. Messaggio che si può inviare occupando spazio: ovvero, facendosi ‘grandi’, allargando un braccio sui braccioli della sedia, tenendo il petto e il mento in fuori. Questo atteggiamento dà l’idea che siate dei ‘vincenti’, mentre una persona che tende a farsi piccina, ad occupare poco spazio, fa passare l’idea di essere una ‘perdente’. Anche gesticolare è un modo di fare una buona prima impressione a chi ci esamina. Le mani in tasca o nascoste sembrano esprimere inaffidabilità, qualcosa da nascondere. Mani ben visibili invece danno l’idea di giocare a carte scoperte, di intenzioni positive.
A proposito di mani, la stretta di mano iniziale (o finale) è letteralmente fondamentale. Niente palmi sudaticci, strette ‘molli’, sbilanciate. Se il primo contatto è sgradevole, o lascia trapelare insicurezza (o al contrario eccessiva autostima e potenziale prevaricazione) ci si gioca metà delle chance di piacere. Dunque, suggerisce l’esperta, se le mani vi sudano fate in modo di asciugarle – senza dare nell’occhio – prima di porgerle. Tenete poi il palmo in verticale (né in su, né in giù) e date una stretta consistente ma non stritolante.
Questione di sguardi
Lo sguardo stabilisce connessione. Ecco che il contatto visivo non deve mai e poi mai passare in secondo piano. Occhi negli occhi quando si parla: indicano coinvolgimento, attenzione, sicurezza, ma sono anche il miglior modo di stabilire una connessione umana con chi abbiamo di fronte. Non è facile, ma anche utilizzare il nervosismo a vostro vantaggio, afferma l’esperta, è una tattica utilissima. Ovvero, quelle sensazioni che associamo alla tensione nervosa (battiti accelerati, sudorazione, ‘farfalle nello stomaco’) possono anche essere ricondotte all’eccitazione. In fondo sono le stesse: basta mettersi nella condizione mentale di trasformarle in emozione positiva. Ecco che non sarà necessario nasconderle del tutto, ma sarà possibile manifestarle in modo che lancino il messaggio ‘che bello essere qui’.