A gennaio si è tenuta l’annuale conferenza della British Psychological Society’s Division of Clinical Psychology a Liverpool. Tra i molti argomenti trattati ne è emerso uno che diversi media britannici, scientifici e non, hanno riportato. Il tema è quello delle differenze di genere quando si tratta di stress, depressione, ansia. Ovvero, come gli uomini e le donne ‘gestiscono’ le emozioni negative. Cosa cerca un uomo che va in terapia? Cosa cerca un donna? E come fronteggiano da soli a queste emozioni?
Depressione e consolazione: differenze di genere
Alcuni giornali inglesi riportano che uno studio presentato alla conferenza ha riscontrato differenze di genere evidenti nel gestire gli stati d’animo tendenti alla depressione. Riaccendendo il falò dei cliché legati al genere. In pratica, riportano che in tempi difficili gli uomini cercano sesso, le donne cibo. Gli uomini in un momento di stress, ansia o tristezza profonda finiscono per consolarsi con avventure sessuali o, ancora più facilmente, con la pornografia. La ricerca attesterebbe che la ‘strategia’ verrebbe adottata dal 27% degli uomini intervistati, contro l’11% delle donne. Queste ultime invece si butterebbero sul cibo: quando una donna è triste e depressa, mangia.
Tutto ciò avverrebbe in assenza di una terapia psicologica di sostegno. Ma anche nel seguirla, ci sarebbero notevoli differenze di genere. Durante la conferenza di Liverpool è emerso che gli uomini che vanno in terapia sono solitamente in cerca di una veloce risoluzione dei problemi. E tendenzialmente non amano parlare dei loro sentimenti e approfondirli. Al contrario, le donne partono con meno ‘urgenza’ risolutiva ma con più voglia di esprimersi e parlare delle proprie emozioni. La tematica si collega ad altri stereotipi legati al genere. Gli uomini non sono abituati a parlare di sentimenti. Le donne straripano. Ecco che, si chiedono gli studiosi, forse bisognerebbe ripensare l’approccio psicologico in base a questo.
Cliché o realtà?
Sorge facilmente il dubbio che queste differenze di approcci siano ‘istintive’. Fanno piuttosto pensare a modalità indotte dalla storica differenziazione dei ruoli. Il maschio che cerca soddisfazione nel sesso, la femmina nel frigorifero. Il maschio che non vuole parlare di emozioni. La femmina che non farebbe altro. Lungi da noi avere una risposta certa, ma viene da chiedersi cosa cambierebbe venendo educati a vivere la propria emotività liberamente, a prescindere dal genere.