Si chiama jackfruit, ma in italiano a volte è reso con giaca (o giaco) ed è un frutto che a breve impareremo a conoscere meglio. Sì perché, oltre ad essere una delle tendenze alimentari più in espansione (secondo Pinterest, le ricerche con la parola chiave ‘jackfruit’ sono aumentate del 420% nel 2016) è anche un frutto che i nutrizionisti stanno incentivando a consumare. Il jackfruit è infatti altamente nutriente, tanto che in molti piatti viene utilizzato come ingrediente sostitutivo della carne. E si tratta di frutti enormi, che possono arrivare a pesare 35-50 chili, quindi capaci di saziare molte persone.
Alla scoperta del jackfruit
Originario delle regioni alle pendici dell’Himalaya, diffusissimo in India, in Bangladesh (dove è considerato sacro), nel Sud Est asiatico, ma anche in Brasile, il jackfruit è un grosso frutto che nasce da un albero sempreverde. Esternamente ha una scorza che appare come una corazza rugosa e bitorzoluta, verde chiaro. Dentro, avvolta in una membrana bianca e appiccicosa, si trova la polpa gialla, suddivisa in singoli frutti. Che a loro volta contengono i grossi semi. La polpa è zuccherina, ricorda l’ananas e il mango. Si consuma cruda o cotta (si dice che una volta cucinata ricordi la carne di maiale, addirittura la porchetta!). Mentre i semi al suo interno vanno cucinati perché da crudi non sono commestibili: una volta cotti, assumono un aroma simile alla castagna.
Nei paesi asiatici il jackfruit si consuma quotidianamente, in mille modi. Crudo, cotto, fritto, come chips, aggiunto a stufati, frullato, inscatolato, essiccato e utilizzato come farina. Si ricava persino un liquore dalla sua fermentazione. Dal punto di vista nutrizionale è considerato un supercibo. Ricco di carboidrati, di proteine vegetali, di minerali come il potassio, il calcio, il ferro. Pieno di vitamina C e B. Saziante e nutriente, non è raro leggere riflessioni sul suo potenziale, tanto che se ne incoraggia la coltivazione in tutti i paesi dove le risorse alimentari scarseggiano. Ma anche in Occidente, complice la ricerca di alternative alla carne, ma anche alla soia e ai derivati, comincia a comparire sempre più spesso tra i menu gourmet e nelle cucine dove si sperimentano nuovi sapori e accostamenti.