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Sogni ricorrenti: perché sono tutti uguali?

Tutti abbiamo sognato almeno una volta di volare, o di cadere, o di perdere i denti. Come può un sogno essere un fenomeno collettivo?

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Ritrovarsi completamenti nudi al lavoro. Essere in ritardo per la scuola, ma non riuscire mai ad arrivare. Cadere. Volare. Perdere i denti. Non riuscire a gridare. Sono sogni ricorrenti particolarmente comuni, che tutti abbiamo fatto una volta nella vita. Ma com’è possibile che persone completamente diverse, sconosciute tra loro, li abbiano in egual misura? Come mai esistono dei sogni che tutti fanno?

Sogni ricorrenti ‘collettivi’: una spiegazione c’è

No, non siamo tutti telepaticamente interconnessi. E non siamo nemmeno comandati a distanza da qualche società di Illuminati. La risposta ai sogni ricorrenti che tutti facciamo è scientifica. O almeno l’ipotesi formulata dal dottor Robert Hoss, ex presidente della Internal Association for the Study of Dreams lo è. Quando raccontate ad un amico di aver sognato, per esempio, di trovarvi senza pantaloni in ufficio, e lui vi risponde ‘Anch’io, una settimana fa!’ non è perché avete una speciale connessione cerebrale. Ma perché il vostro cervello utilizza le stesse immagini, molto comuni, per rappresentare simbolicamente un’emozione.

I sogni sono rappresentazioni visive delle emozioni che il cervello sta elaborando, spiega il dottor Hoss. Angoscia, ansia, preoccupazione, incertezza, collera. Mentre dormiamo il nostro cervello cerca di ‘risolvere’ i dilemmi emotivi che ci affliggono. E nel farlo li trasforma in immagini a lui conosciute, pescate nel marasma dei ricordi. Quello che differenzia il sogno ricorrente da uno ‘singolare’ è semplicemente… che lo ricordiamo.

Solitamente dimentichiamo i sogni, ma accade invece che quelli emotivamente più disturbanti rimangano vividi nella memoria. Ecco che li ricordiamo con più facilità. A conti fatti, afferma il dottor Hoss, probabilmente quello di rimanere nudi al lavoro è un sogno che avviene l’1% delle volte che dormiamo. Ma la vergogna, l’angoscia che proviamo sono così vivide che lo ricordiamo. E lo cataloghiamo come sogno ricorrente. Spesso collettivo, perché la rappresentazione dell’ansia attraverso la nudità in un luogo dove non è contemplata, come l’ufficio, è una delle immagini più comuni che il cervello possa andare a pescare.

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