L’Islanda, dopo secoli di disagi e sofferenze, è un paese che ricorda al mondo intero l’importanza della resilienza, ovvero quella capacità propria di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Ne sa qualcosa dopo la crisi finanziaria globale del 2008, dalla quale è riuscita ad emergere in meno di 5 anni grazie anche al turismo, alla tecnologia e all’energie pulita. Oggi si presenta come un paese dove la burocrazia è leggera, la corruzione assente e il lavoro si trova subito. Qui non esiste la mentalità del posto fisso e si vive comunque sereni, perché le persone cambiano di continuo per far carriera e per guadagnare di più.
Con la filosofia di privilegiare il lavoro di gruppo piuttosto che mandare avanti i talenti individuali l’Islanda offre un approccio sociale notevolmente diverso dal nostro: gli islandesi tendono a non contraddire mai l’interlocutore per evitare discussioni, le aziende organizzano regolarmente viaggi e attività per i dipendenti per migliorarne la socializzazione e gli ambienti di lavoro sono qualitativamente alti. Anche durante la crisi in cui molti hanno perso il posto di lavoro, non è stato provocato un isolamento e il rischio di allontanamento non è lo stesso delle società più grandi. Ed è proprio questo fattore a giocare un ruolo essenziale per l’alto tasso di felicità islandese: la collettività viene prima dell’individuo, e non stupisce quindi che Reykjavik sia una capitale cosmopolita che sembra riunire in un piccolo paese tanti modi diversi di essere. C’è un detto locale che dice che gli islandesi non devono preoccuparsi di cadere in un buco nero, perché non c’è nessun buco nero in cui cadere in quanto c’è sempre qualcuno pronto a prenderti.
Se uno straniero rimane bloccato con la macchina nella neve ci sarà sempre qualcuno disposto a fermarsi per soccorrerlo, e non c’è da meravigliarsi nel vedere, in pieno inverno, un bambino andare a scuola a piedi da solo nel buio: i livelli di fiducia sono sempre alti e in continua crescita, tanto che non di rado si vedono macchine lasciate aperte. L’idea di una società aperta è dunque fondamentale, così come la distribuzione della felicità in modo uniforme che fa si che la maggior parte degli islandesi sia più o meno felice senza i grandi divari che si possono trovare in altre nazioni come quelle dell’America Latina e del Medio Oriente. All’ottimismo puro si aggiunge anche la ricca cultura letteraria: la letteratura e le altre risorse culturali forniscono lo stimolo lo giusto per andare avanti nei momenti difficili, riducendo il dolore e fornendo un mezzo per incanalare le energie creative. Gli islandesi riconoscono il valore della parola scritta, tanto che affermano quanto sia “meglio andare a piedi nudi che senza libri”.