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Colpo di fulmine: c’entrano i geni e le molecole

L’amore a prima vista deriva da un imprinting presente nel DNA. Ma non solo. Gli studi

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Colpo di fulmine, alchimia, anime gemelle. Esistono, certo. Ma è bene considerare l’ipotesi che innamorarsi a prima vista non deriva da “segni” esterni o dal destino, bensì dalla genetica.

Secondo quanto emerso da uno studio condotto da un team di scienziati statunitensi e australiani nel 2009 e pubblicato sulla rivista Genetics, il segreto di questa imprevedibile alchimia risiederebbe in realtà nel nostro Dna e sarebbe più che altro questione di compatibilità genetica.

I ricercatori sono arrivati a tale conclusione osservando il comportamento dei moscerini della frutta, notando che in vista dell’accoppiamento le femmine tendono a prestare maggiore attenzione ad alcuni maschi e non ad altri. Così, tramite l’analisi dei processi biochimici coinvolti nelle fasi di scelta e riproduzione di moscerini di due diverse varietà, gli studiosi hanno scoperto che i partner preferiti dalle femmine sono geneticamente simili a loro, a prescindere dalla specie di appartenenza. Quando è il momento di riprodursi, quindi, le femmine agiscono in base a criteri che sono già inscritti nel loro codice genetico. Una scoperta, questa, che tramite «l’attivazione e la disattivazione dei geni responsabili delle scelta del partner per l’accoppiamento, potrebbe consentirci di controllare la riproduzione e la diffusione di tutte le specie di insetti indesiderati», ha spiegato la professoressa Mariana Wolfner, docente presso la Cornell University e responsabile dello studio.

L’innamoramento è lo stato di beatitudine incarnato, è lo stupore fatto quotidianità, la grazia che diventa abitudine.
L’istante in cui l’amore ci colpisce, l’attimo in cui scocca la scintilla fatale che ci conduce alla gioia o alla dannazione, è materia di stretta competenza di coloro che vivono secondo le leggi del cuore. Ma anche della scienza. Un’altra ricerca ha individuato nel colpo di fulmine una stretta connessione con le molecole. La scelta del partner sessuale avviene grazie a un interruttore chimico, che si attiverebbe in presenza dei segnali emessi da un potenziale compagno di accoppiamento.

Per arrivare a questa conclusione, gli autori della ricerca hanno studiato il comportamento di una molecola di lievito, il Saccharomyces cerevisiae, che generalmente si riproduce in modo asessuale ma, messo di fronte ad un’altra cellula che produce richiami, sceglie di unirsi, in un vero e proprio rapporto in miniatura. Poiché queste molecole sono state scoperte nelle cellule staminali embrionali, il passo dal lievito all’uomo è, scientificamente, breve.

La scienza sottolinea il motivo per cui gli uomini sono attratti dal primo momento da alcune persone piuttosto che da altre. Gli animali sono in grado di secernere alcune molecole di una sostanza, i feromoni, capace di indurre specifici comportamenti in soggetti della propria o di altre specie. Ad esempio alcuni animali sono istintivamente impauriti da altri. Questi feromoni sono recepiti da una struttura chiamata vomeronasale capace di tradurre la molecola in stimolo cerebrale e sembra che anche l’essere umano ne sia provvisto, ma sia “disattivato” almeno per la maggiorparte del tempo.

I feromoni umani, secreti da ghiandole posizionate sotto le ascelle, attorno ai capezzoli e vicino all’inguine, siano in grado di attrarre due persone in modo inconsapevole realizzando ciò che è l’attrazione, la quale solitamente comprende anche un coinvolgimento psicologico irresistibile. Anche se la struttura vomero nasale umana è normalmente inattiva, sembra che possa funzionare nel momento del bisogno, allo stesso modo in cui i neonati trovano istintivamente il seno materno quando hanno fame.

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