Donne incinte e neomamme stanno soffrendo l’aumento di forme di discriminazione sul posto di lavoro che includono, taglio delle ore di lavoro e pressioni continue effettuate al fine di licenziamento. Lo denuncia l’organismo no-profit Citizens Advice, lanciando l’allarme sulle nuove forme di discriminazione subite dalle donne, in un grido d’aiuto ripreso dal giornale britannico The Guardian.
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Il rapporto identifica come ci sia stato un aumento del 25% di atteggiamenti di questo tipo all’interno del posto di lavoro rispetto all’anno scorso.
Una richiesta di aiuto quantificata in circa 22,000 visite effettuate al sito dell’associazione. Tra i tipi di discriminazione più frequenti, ci sono quelli che forzerebbero le madri a tagliare le ore di lavoro, a subire pressioni per tornare al lavoro subito dopo la maternità e in alcuni casi, per fare in modo che esse lascino il posto di lavoro.
Tra le storie più drammatiche raccolte da Citizens Advice, c’è quella di una donna che racconta di come il suo datore di lavoro le avesse tagliato molte ore settimanali non appena ricevuta la notizia della propria gravidanza. Nella vicenda l’uomo ha prima risposto che il carico del lavoro era diminuito; assumendo poi nuovo staff per coprire invece le stesse mansioni.
Un’altra donna racconta invece di come avesse contattato il datore di lavoro per chiedere spiegazioni sul mancato ricevimento dell’assegno di maternità. Le fu risposto che era stata licenziata durante il periodo di pausa per la maternità. Secondo il rapporto, la discriminazione verso le donne incinte sta invece aumentando; nonostante sia del tutto illegale.
Solo nel marzo scorso una ricerca commissionata dal governo, ha certificato come tre quarti delle donne incinte e neomamme sperimenti una forma di discriminazione sul posto di lavoro e una su nove ha perso il lavoro in conseguenza di essa.
Lo studio, condotto dalla Equality and Human Rights Commission (ECHR) suggerisce come la discriminazione sia aumentata in maniera significativa negli ultimi anni; dal 2005 sarebbe cresciuta del 45%. Non è proprio una buona notizia per le donne.