Un tempo, prima della diffusione degli antibiotici, le piante con proprietà attive venivano utilizzate come vero e proprio medicinale: tra esse una delle più comuni era il sambuco, in particolare la varietà nota come Sambucus nigra – sambuco nero, che ancora oggi continua ad essere un elemento apprezzatissimo in campo fitoterapico, ma anche semplicemente alimentare.
Il sambuco è un arbusto molto comune nelle campagne italiane, che durante la primavera produce dei fiorellini piccoli e bianchi raggruppati ad ombrello, i quali lasciano poi il posto a grappoli di bacche nero-bluastre. Mentre tutte le parti della pianta sono tossiche, i fiori e le bacche sono commestibili, ma i semi all’interno dei frutti sono a loro volta da evitare, soprattutto se acerbi – tuttavia il consumo delle bacche avviene previa cottura, passaggio che ne neutralizza la tossicità.
Fiori e bacche non solo sono commestibili, ma hanno importanti risvolti erboristici. I fiorellini, solitamente assunti sotto forma di infusi o tisane, ma anche di olio essenziale (più raro) e tintura madre, e sono potenti diaforetici, utili per combattere stati influenzali, raffreddori e particolarmente noti per il loro effetto benefico sulle vie respiratorie, oltre ad essere lenitivi quando le mucose sono irritate. L’infuso di fiori di sambuco è quindi consigliato contro raffreddori e influenze stagionali, ma anche per lenire riniti allergiche. Altro importante rivolto dei fiori di questa pianta è quello diuretico, particolarmente efficace, e quindi depurativo. Ancora, con i fiori si realizza uno sciroppo dissetante da diluire in acqua, molto utilizzato nei paesi del nord e nell’arco alpino. Anche le bacche sono impiegate da secoli per le loro proprietà ma soprattutto per il loro sapore: è infatti ottima la marmellata che si ottiene dai frutti del sambuco, anche nota per le proprietà lassative decisamente efficaci.