La rapa comune è stata un alimento basilare per secoli nell’alimentazione delle campagne, eppure è andata pian piano a finire nel dimenticatoio, salvo in alcuni paesi nord ed est-europei. Eppure il suo sapore è spiccato e piacevole, il suo apporto scarso ma non ignorabile, la sua versatilità tanta: analizziamola da vicino.
In botanica si chiama Brassica rapa, e fa parte della famiglia dei cavoli (dalle sue varietà si ricavano le cime di rapa e i friarielli); viene coltivata per il consumo della sua radice, di forma tonda o allungata come una carota, bianca oppure ricoperta di una pellicina violacea – da non confondersi con la rapa rossa. Dolce, dalla consistenza simile ad una patata, si consuma principalmente cotta, ed è perfetta stufata, bollita, arrostita in forno, addirittura fritta, ma a molte persone risulta poco digeribile a causa dell’alto contenuto in cellulosa. Dal punto di vista della composizione, la rapa è principalmente fatta di acqua, cosa che la rende assolutamente ipocalorica, ed è ricchissima di sali minerali, in particolare sodio, fosforo, calcio e potassio; dal punto di vista vitaminico non possiede molto, se non ottime quantità di vitamina C. E’ un alimento altamente depurativo, ed essendo ricco di fibra è ottimo per il transito intestinale.
Esiste una varietà italiana di rapa particolarmente pregiata, la rapa di Capraùna, grande, dalla forma tonda e schiacciata, bianca con la polpa tendente al giallo, e dal sapore dolcissimo. E’ un prodotto tipico della zona del Piemonte e della Liguria, presidio Slow Food, il cui sapore risulta particolare grazie al contatto con le stoppie di grano raccolto prima di averle seminate.