Donne lavoratrici del Belpaese alla prova con le “colleghe europee”, vedono una percentuale inferiore attualmente impiegata nel mercato del lavoro: 46,8% contro il 59,6%. E’ la fotografia scattata da un recente studio condotto dalla rivista Donna moderna in collaborazione con BioNike, azienda dermocosmetica italiana ed elaborata dall’Istituto Swg, e presentati giovedì 19 novembre a Milano durante il primo #DonnaModernaTalk.
Uno studio-inchiesta realizzato per cercare di capire motivazioni e cause di un così basso contributo della forza lavoro femminile rispetto a quello che avviene nel resto dell’Unione Europea. Al sondaggio hanno quindi partecipato 6928 donne e 649 uomini. Per le donne, il primo “ostacolo” alla partecipazione lavorativa è la maternità, benché solamente nel 57,8% dei casi le donne che lavorano hanno anche un figlio. E nel 35% dei casi, questo si traduce nel fatto che le donne mettono sempre al primo posto la famiglia e che provano spesso un forte senso di colpa per l’assenza da casa (34%). Tuttavia, alcune cose cambiano. Rispetto a ieri, i modelli non sono solo stereotipati. Il 54% del campione si riconosce infatti nei modelli femminili inerenti al mondo della scienza e della tecnologia, il 52% nell’informazione, mentre solo 1 su 10 si riconosce nelle donne che fanno parte della politica.
Al confronto con questi argomenti, ci sono poi le riflessioni sulle possibili soluzioni. Per le donne l’aiuto arriva dai servizi, mentre solamente la metà degli uomini – 5 su 10 – è dello stesso parere. Allo stesso modo è fondamentale la conciliazione tra famiglia e lavoro, per le donne è importante nell’80% dei casi, mentre per gli uomini la percentuale si ferma intorno al 46%.
In questo campo quindi assumono importanza l’aumento di leggi e di sostegno economico per la maternità – secondo l’80% di donne, 48% di uomini -. Un dato che rispecchia anche una concezione del carico famigliare che penalizza decisamente le donne. Infatti, più della metà degli uomini crede che un marito che guadagna bene sia abbastanza per far decidere alla donna di rimanere a casa. Ma solo un terzo della percentuale femminile è d’accordo con questa informazione, creando così un quadro di esigenze di rinnovamento ancora poco riconosciuto dalla parte maschile della coppia.