Certi eventi, anche se inseriti in una cornice mondana come quella che caratterizza la Mostra del Cinema di Venezia, hanno il potere di silenziare per un attimo il clamore del glamour e riportare lo spirito della kermesse alle radici di un amore indiscusso per il cinema.
Succede un po’ questo nella giornata di presentazione di Non essere cattivo, terza pellicola Fuori concorso, del regista scomparso Claudio Caligari, il cui iter sofferto, cioè la difficoltà di trovare produttori disposti a finanziarlo, nonostante il primo film di Caligari, Amore Tossico, fosse divenuto un cult per intere generazioni di spettatori e cinefili e la presa di coscienza di trovarsi di fronte al lavoro di un’artista in grado di realizzare tre film nell’arco di trent’anni, con amore, dedizione e coraggio, hanno per un attimo reso rarefatta l’atmosfera frenetica del Festival.
Si rallenta, insomma, e la riflessione fa posto a questo piccolo grande film, finito di girare dallo stesso regista poco prima di morire, in una lotta difficile contro il tempo. E la commozione, ma anche la determinazione, si ascolta nelle parole del produttore Valerio Mastandrea, già protagonista di L’odore della notte, e degli attori principali, Luca Marinelli, già visto in La grande bellezza di Paolo Sorrentino e Alessandro Borghi, nel prossimo Suburra, chiamati a raccogliere insieme alle attrici Silvia d’Amico e Roberta Mattei, l’eredità di un cinema coraggioso e dalla forte connotazione sociale. Due belli, due giovani, che raccontano nel film la fratellanza di strada di Cesare e Vittorio, amici sullo sfondo della Ostia tossica a metà anni ’90.
Ed è con fatica e serietà, e qualche polemica per la destinazione Fuori concorso, che gli interpreti raccontano a Venezia l’esperienza di Non essere cattivo. “Credo che sia io sia Luca – racconta Borghi – abbiamo vissuto questa grande esperienza allo stesso modo. Ho avuto la possibilità di fare una cosa che non mi era mai capitato di fare prima e poi i miei ricordi sono legati alla mia emozione di vedere il film qui e ripercorrere i momenti della lavorazione”. Stesso pathos per Marinelli: “Siamo stati vittima di una grande gigantesca magia. L’unica cosa che mi porto appresso è vedere il coraggio di questa persona che non aveva paura di nulla. É questa cosa mi ha liberato come attore e come uomo.”.
E il red carpet sfila silenzioso, mentre Valerio Mastandrea ricorda l’ultima grande lezione del regista romano, nato però in Piemonte: “Questa esperienza mi ha ricordato come il cinema è qualcosa che si fa insieme.”.