L’etimologia della parola ‘prugna’ è interessante, anche se ancora incerta: l’ipotesi più accreditata è che il nome del frutto derivi dalla radice indoeuropea ‘prus’, bruciare, da cui deriva anche il greco Pyrsòs, che significa rosso. La prugna sarebbe stata chiamata così per il suo colore violaceo intenso, simile a qualcosa di bruciato, o per l’antica abitudine di ardere il legno della pianta per accendere il fuoco.
Il Prunus domestico è un’antica pianta proveniente dalla zona del Caucaso, coltivata in Europa all’incirca dall’anno mille, che produce un succoso frutto estivo, conosciuto sotto le spoglie di diverse varietà che cambiano per intensità di colore (rosso scuro, viola, a volte quasi blu) e forma (più tondeggiante o allungata). I frutti si consumano freschi o essiccati: le prugne sono infatti ricche di proprietà benefiche e salutari in entrambe le versioni.
Noto ai più per l’azione lassativa, questo frutto può portare molti altri benefici. Le prugne contengono infatti molte sostanze antiossidanti (fenoli) preziose alleate per combattere l’invecchiamento delle cellule e nella prevenzione delle malattie cardiache. Sia allo stato secco che fresco frutto hanno la capacità di aumentare l’assimilazione del ferro nell’organismo grazie alla grande quantità di vitamina C. Inoltre, le prugne sono ricche di vitamina A, vitamina K e di potassio, utilissimo durante la stagione estiva, quando è importante integrare i sali minerali dispersi con la sudorazione.
Nel nostro paese la concentrazione maggiore di questo versatile frutto si trova in Emilia-Romagna e Campania. Un’eccellenza nostrana è rappresentata dal Trentino Alto Adige dove viene coltivata la Susina di Dro, fregiata della Denominazione di Origine Protetta (DOP). Svariati sono gli utilizzi e le applicazioni anche in cucina, per i dolci e per confetture, o per la produzione di liquori tradizionali, come la grappa alle prugne dell’Alto Adige, o la famosa slivoviz slovena.
