Meno comune della ‘sorella’ di rovo, la mora di gelso è strettamente legata alla produzione della seta. Il gelso, albero che può raggiungere altezze considerevoli, produce foglie che sono considerate ghiottissime dai bachi da seta. La sua origine orientale è presto detta, ed è proprio dai percorsi carovanieri lungo la ‘via della seta’ che il gelso arrivò alle nostre latitudini, anche se, già prima di Marco Polo e delle sue spedizioni in Cina, era diffuso anche in Africa, tanto che vi sono testimonianze dell’utilizzo delle more già dagli antichi romani. Probabilmente il gelso bianco arrivò dall’Asia, mentre quello nero dall’Africa: esistono infatti molte specie di gelso, ma quelle che danno frutti commestibili e diffuse in Italia sono il morus alba – gelso bianco e il morus nigra – gelso nero, dai quali nascono le more rispettivamente delle due colorazioni.
I frutti sono molto simili alle more di rovo con la caratteristica forma a grappolo, ma in certe specie sono più allungati e composti da drupe più piccole. Le more di gelso sono dolcissime e succose, costituite per la maggior parte d’acqua ma meno di altri frutti estivi (85%). Sono ricche di carotene e sostanze fenoliche che le rendono ottime antiossidanti, utili per il benessere della vista, e, le varietà nere, sono utilizzate nella medicina orientale per il loro blando potere sedativo, ovvero come calmanti per la tosse o mal di denti, e addirittura per indurre sonnolenza se consumate in abbondanza.
Il sapore dolce le rende perfette per preparare marmellate, sciroppi, gelatine, e il colore intenso del succo viene utilizzato come colorante nell’industria alimentare. Purtroppo la mora di gelso è un frutto sempre meno comune, soprattutto quella bianca, che si trova ancora sporadicamente nelle campagne: se vi imbattete in un gelso carico di frutti, fatene una scorpacciata direttamente dall’albero, perché il trasporto è difficoltoso visto la consistenza morbidissima dei suoi frutti, motivo che ne rende difficile anche la commercializzazione.