In una civiltà ipersessualizzata, dove il rapporto fisico e intimo sembra essere il metro di ogni rapporto sentimentale che possa definirsi tale, una piccola e grande rivoluzione parte da un movimento ideologico e pratico che decide di mettere il sesso ai margini della propria esistenza piuttosto che al centro di essa.
Si chiamano asessuali, e hanno scelto di non far coincidere il romanticismo e la parte affettiva di essi stessi con l’aderenza al rapporto sessuale. Indifferenti quindi alla fisicità dell’atto sessuale, ma assolutamente interessati all’interazione con l’altro e a tutto un repertorio fatto di intimità che non passa necessariamente per l’incontro in senso biblico, la realtà degli asessuali è viva, presente e in ottima salute.
Tanto che di recente il New York Times ha dedicato all’argomento uno spazio, raccogliendo la testimonianza di Kim Kaletesky, una donna che ha raccontato sulle pagine del noto quotidiano, come si vive all’interno di questa filosofia moderna che stravolge radicalmente i rapporti tra generi. Cosa è emerso dunque dalla testimonianza diretta di una asessuale per scelta e non per mancanza? Niente che possa far scandalizzare o inorridire i benpensanti.
Secondo l’autrice dell’articolo, il proprio rapporto con il sesso è stato da sempre segnato da indifferenza e disagio. Dopo aver provato un paio di esperienze sessuali, soddisfacenti ma non esaltanti, l’autrice ha avuto modo di frequentare una ragazza senza passare alla fase due della conoscenza. Solo incontri, baci, carezze e confidenze. E ha poi capito di appartenere a quella tipologia di persone che considera il romanticismo e l’attrazione, come fenomeni non strettamente legati al sesso di per sé. Insieme a lei molti altri adepti e non solo oltreoceano.
Anche in Italia la comunità asessuale, riunita intorno alla community AVENit, si organizza e vive secondo i propri dettami, in una ricerca della felicità sentimentale che sembra proprio non abbia una sola, univoca espressione.