First Lady (2 volte), senatrice e segretaria di Stato: di Hillary Clinton tutto si può dire meno che le manchi l’esperienza sul campo. Affondata alle primarie del Partito Democratico nel 2008 da Barak Obama, Hillary ci riprova, e annuncia la nuova candidatura alle presidenziali degli Stati Uniti del 2016, ammesso che vinca le primarie del partito. Divisa tra due anime, quella dell’impegno civile (soprattutto per quanto riguarda l’assistenza sanitaria e alle famiglie – incluse quelle LGBT) e quella di personaggio politico legato all’establishment più ricco, Hillary ha ottime – per usare un eufemismo – probabilità di vincere le primarie democratiche, ma quante di conquistare la Casa Bianca? Ecco 3 ragioni per cui potrebbe vincere, e 3 per le quali potrebbe perdere.
Perché SI
E’ una donna. Il cambiamento, la svolta, passa anche attraverso il coraggio di rompere col passato. Gli americani hanno dimostrato di averlo con Obama, giovane, di colore, vicino alle minoranze e alle classi sociali meno abbienti. Non che il genere sia per forza indice di buona riuscita, ma una donna alla Casa Bianca sarebbe un messaggio di cambiamento forte al mondo intero. Hillary è considerata una femminista, non estremista, ma quel tanto che basta a farla denigrare dai conservatori e farla apprezzare dalle donne. Che sono più della metà dell’elettorato. Nel video di presentazione della sua candidatura, compare una carrellata di cittadini della middle class alle prese con i loro desideri e speranze, e la maggior parte sono donne, madri, nonne (cosa che i suoi avversari sono riusciti a criticare).
Ha una grande esperienza. Lo dicevamo all’inizio: la sua carriera politica è iniziata molti anni fa, da quando era la first lady di Bill Clinton nelle vesti di attivissima moglie, a quando si batté (venendo sconfitta) per la riforma sanitaria all’epoca di Bush, passando per il ruolo di senatrice dello Stato di New York, e, ai tempi del primo mandato di Obama, a Segretaria di Stato. Ruoli che le hanno permesso di conoscere da vicino moltissime sfaccettature della politica, da quella più ‘vicina ai cittadini’, a quella delicatissima e internazionale (particolarmente difficile dopo il disastro di immagine lasciato da Bush).
Non ha rivali. Ebbene sì, è presto per dirlo, ma rispetto all’anno in cui fu sconfitta da Obama, le elezioni del 2016 sembrerebbero non vantare nomi particolarmente insidiosi per la vittoria di Hillary. Per quanto riguarda le primarie democratiche, neanche l’ombra di un avversario ‘pericoloso’ (sempre ad oggi, si sa che nella politica americana a volte ‘spuntano’ nomi che al di qua dell’Oceano non erano pervenuti). Potrebbe temere la senatrice Elizabeth Warren, o il vicepresidente Joe Binden, ma non sembrano intenzionati a candidarsi per ora. Dal lato repubblicano, ad oggi uno dei rappresentanti più interessanti potrebbe essere Rand Paul, che pur essendo conservatore esprime idee sulla necessità di svecchiamento della politica repubblicana, libertario e modernista, e Marco Rubio, senatore della Florida di origine cubana. E Jeb Bush, ex governatore della Florida e fratello di George W. che tuttavia porta un cognome pesante: le elezioni contro di lui sarebbero un interessante scontro di dinastie.
Perché NO
Gli scandali. Difficile trovare un politico del suo livello esente da scandali, ed Hillary ha alle spalle una spiacevole lista. Si va dalle questioni legate ai finanziamenti delle sue fondazioni, alla cattiva gestione dell’attacco all’ambasciata americana di Bengasi, in Libia, fino al recente caso delle migliaia mail del dipartimento di stato ‘cancellate’. Non saranno solo i suoi detrattori a spingere su questi tasti: anche molti democratici non se la sentono di difenderla apertamente.
Fa parte del club dei ricchi. In questi giorni verrà dato alle stampe un libro intitolato ‘Clinton Cash’, un saggio scritto da Peter Schweizer, conservatore vicino alla politica di Bush, che avrebbe scoperchiato vasi di Pandora sul patrimonio dei Clinton. Che si tratti di sensazionalismo o meno, Hillary Clinton è notoriamente una delle donne più ricche del mondo, e la famiglia Clinton vanta anni di rapporti proficui con l’alta finanza, le grandi industrie, le banche, tutto ciò che negli anni della crisi economica fa storcere il naso all’elettorato medio. Le grandi compagnie la foraggiano, la sostengono, e lei sta cercando disperatamente di rifarsi un’immagine ‘middle class’ (guardate il suo video per capire) ma la memoria della gente non è così breve. E non è solo Occupy Wall Street a non amare la sua appartenenza al club dei ricchi, ma molti membri del suo stesso partito.
Appartiene al passato. Establishment, classe dirigente, alta finanza: sono parole che non piacciono più, e invece ad Hillary si addicono fin troppo bene. Il fatto che abbia una profonda esperienza implica anche che stia sulla scena politica da tanti anni, cosa che in Italia è fin troppo comune, ma negli USA no. Rappresenta la novità in quanto donna, certo, ma non in quanto ad idee. E sia per questo motivo sia per il motivo di cui sopra, diversi membri del suo stesso partito non se la sentono di sostenerla, il sindaco di New York Bill de Blasio in primis. Per non parlare del fatto che il marito Bill è stato presidente due volte, e non mancano le ironie sui media americani riguardo il ‘terzo mandato Clinton’. E per concludere, se venisse eletta l’anno prossimo avrebbe 69 anni, conquistandosi il titolo di ‘presidente più anziano‘ dopo Ronald Reagan.