Le sue opere sono riconoscibili per l’uso del colore, anzi della luce, visto l’accostamento di tinte calde e fredde che, contrastandosi, fanno emergere figure umane, spesso femminili, catturate in un piccolissimo momento delle loro vite. Sono le emozioni che trasudano in quel singolare momento che interessano particolarmente AliCé, nome d’arte di Alice Pasquini, la street artist probabilmente più famosa in Italia, e una delle poche che ha reso il suo tratto noto anche all’estero. I suoi lavori sono sui muri di tutta la penisola, ma anche della Francia, della Gran Bretagna, della Germania, del Marocco, dell’Australia, degli Stati Uniti e, da pochi giorni, di Capo Verde. Potete leggere la sua biografia completa sul sito ufficiale. Stile.it le ha rivolto qualche domanda.
Alice Pasquini. Salerno 2014
Leggo dalla tua biografia che provieni da un ambiente accademico. Quando e come è nato l’impulso di passare alla street art? Quando il tuo primo pezzo?
L’impulso deve essere nato proprio durante l’accademia per reazione a quell’istruzione antica e a quel modo concettuale ma freddo e distaccato nell’approccio all’arte che avevano alcuni miei professori. La visione elitaria che mi si proponeva mi ha probabilmente preparato alla fuga, dalla mia prima mostra in galleria del 2004, alla strada dove cominciavano i primi fermenti di quello che potremmo chiamare post graffitismo.
Il tuo nome oggi è conosciuto a livello internazionale: sapresti dire qual è stata la chiave di volta della tua carriera?
La chiave di volta è stata il giorno in cui ho capito che non si può fare gli artisti al 50 per cento. Mi sono licenziata da un lavoro come creativo molto ben pagato che non mi dava però nessuna felicità. Le mie vicende personali mi hanno portato a viaggiare molto e a vivere all’estero per lunghi periodi. In un modo o in un altro ho sempre lavorato con l’arte come illustratrice, fumettista perfino come scenografa di parchi giochi ma quando ho cominciato a dipingere in strada per pura passione non avrei mai pensato che un giorno sarebbe stato proprio quello il mio lavoro.
C’è qualcuno tra i tuoi lavori che preferisci stilisticamente, uno a cui sei particolarmente affezionata, magari per l’esperienza ad esso legata?
Ho dipinto in tantissimi paesi e su oltre 2000 muri. Il muro che preferisco è sempre legato all’ultimo viaggio che ho fatto. Sono soddisfatta per poche ore o giorni secondo il risultato. Questo mi tiene sempre motivata nel fare cose nuove e ogni giorno. Fare arte è il mio modo di stare al mondo.
Alice Pasquini. Rochester (NY) 2014 – Foto Jason Wilder
So del tuo ultimo viaggio a Capo Verde, com’è andata?
Ho trascorso due settimane dal 2 al 15 novembre nelle isole Santo Antoao e Fogo di Capo Verde, per una residenza artistica organizzata dal Festival 7sois 7luas. L’idea del lungo viaggio in un paese lontano mi eccitava anche perché ero alla ricerca di nuovi stimoli. Quando si viaggia nel mondo occidentale, spesso sembra di non cambiare veramente orizzonte. Eppure con l’arte le distanze sembrano accorciarsi. Sarà perché in viaggio si è più predisposti ad assecondare i nostri sensi e a lasciarsi andare agli universi percettivi che ci aprono. Anche se si è costretti ad adattarsi o ad abbandonare le proprie abitudini. Per scoprire che tutto è relativo e che si possono ottenere effetti interessanti con uno spray scadente per carrozzerie o che si può gustare un caffè nel vulcano di Fogo, diversissimo dal nostro, ma buonissimo.
Alice Pasquini Fogo (Capo Verde) 2014
Street art Roma: il cambiamento è evidente negli ultimi anni. Qualche considerazione dal tuo punto di vista in quanto artista romana?
Che cosa è nello spirito della Street art, che cosa no? Qualunque cosa dipinta entro una cornice è un quadro? O proprio perché è dentro una cornice, non è nello spirito di un movimento artistico d’avanguardia? Qualunque performance è arte? Solo accettabili solo quelle dirompenti, controcorrente, devastanti? E’ possibile che l’opera di un’artista non sia considerata per il supporto sulla quale è eseguita? E’ possibile che si parli di arte solo quando ci sono in ballo cifre da capogiro o scandali da commentare? E’ possibile tornare a parlare di arte?
In senso più ampio la street art è ufficialmente sdoganata: è finita l’epoca delle denunce ed è iniziata quella delle gallerie? Pensi che questo abbia comportato un cambiamento di contenuti?
E’ cominciata da un pezzo l’epoca delle gallerie, delle aste e degli investimenti da parte delle istituzioni. Ma, se da un lato la street art sembra aver ormai perduto il suo spirito di rottura, purtroppo invece l’epoca delle denunce non è affatto finita. Anche io ne pago le conseguenze. A essere sinceri “muri autorizzati o muri clandestini” è un dibattito che non mi appassiona. Il mondo, è pieno di ecomostri, di tabelloni pubblicitari invadenti, di muri col filo spinato, di richiami disperati d’amore scritti sui viadotti, di disegni di bambini sul muro sotto casa, di selve di antenne sui tetti, di baracche di cartone, di acciaierie abbandonate, di poster improvvisati, di tag belle e brutte, di automobili, di piccole icone di campagna, di pareti scrostate. Chi può rispondere esattamente a questa domanda: che cos’è legale? I botti buttati per strada in pieno giorno sono da arresto, la notte di Capodanno no. Strati di manifesti di una campagna elettorale non fanno indignare nessuno? Chi può stabilire che cosa imbratta, che cosa abbellisce?
Alice Pasquini Moscow 2014
Sbaglio o nel mondo della street art sta avvenendo un ‘sorpasso’ di genere – da universo maschile a sempre più figure di spicco femminili? C’è qualche artista donna che ti piace particolarmente?
Ci sono molte validissime artiste. Alcune sono state delle pioniere di quella che ora chiamano street art come una delle mie preferite: Swoon. La realtà è che forse solo ora vengono fuori sempre più donne. Alcune molto giovani che magari non hanno mai dipinto in strada o vissuta l’epoca più dirompente ma che sono passate direttamente a dipingere grandi muri nei festival internazionali. Eppure ci sono ancora mostre di genere e mentre alle grandi esposizioni sono invitati prevalentemente uomini, alle artiste sono dedicate mostre specifiche. Come dire: “non sei male per essere donna”.