Se fate fatica ad arrivare a fine mese, se fate un lavoro che amate poco o per nulla, se nonostante i sacrifici la realizzazione dei vostri sogni è sempre una chimerapiù lontana, questa storia potrebbe infastidirvi. Perché stiamo per parlare di ‘figli di’, ossia quella nutrita schiera di privilegiati eredi di dinastie, imperi, di famiglie ricche e potenti, ragazzi nati in contesti così agiati da pensare che non abbiano il diritto di lamentarsi mai, assolutamente di nulla.
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Tuttavia Elisa Fuksas, figlia di Massimiliano e Doriana Fuksas, ovvero il gotha dell’architettura mondiale, con un padre archistar per eccellenza, ha aperto una finestra sul loro mondo, che con autoironia e humor evidenzia il classico paradosso dei ‘soldi che non fanno la felicità’. Nel suo caso dei cognomi troppo ingombranti che impediscono a certi ragazzi e ragazze di vivere una vita propria, di diventare qualcuno senza dover per forza seguire i passi di un padre importante, il disagio di rendersi conto che tutte le porte sono aperte non perché si ha del merito ma in virtù del proprio cognome. A qualcuno fa comodo, comodissimo, a qualcun altro, come Elisa, fa riflettere sul senso di inadeguatezza che può attanagliare chi ha la strada, anzi l’autostrada spianata, ma preferirebbe un pochino di dossi ogni tanto, e allora cambia rotta e prende la sterrata solo per poter dire ‘ci sono arrivata da sola’.
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Elisa ha pubblicato un libro, non-autobiografico, dice, un romanzo liberamente ispirato alla vita di una ragazza con un padre importante, che porta un cognome il quale, se da un lato la rende una privilegiata, dall’altro le è d’intralcio alla realizzazione di sé stessa, e si intitola proprio ‘La figlia di’. Una storia condita di ironia, la stessa che mette Elisa nel parlare di sé e della propria famiglia. “Il privilegio non aiuta a campare, tiene a bada un po’ di rotture di palle ma la sostanza delle cose resta quella”, afferma in un passo del libro. L’autrice porta in rilievo un altro aspetto della tematica: in Italia ormai si è tutti ‘figli di’, nel senso che, date le condizioni lavorative della maggior parte dei giovani, la famiglia alle spalle è la prima forma di assistenzialismo. Non serve per forza un cognome importante per sentirsi inadeguate, l’incapacità di realizzare le proprie ambizioni, o semplicemente di riconoscere chi siamo, può verificarsi anche in altri contesti. Quella del ‘figlio di’ è una sindrome diffusa a diversi livelli sociali, dal figlio che trova lavoro solo grazie alle conoscenze del padre, alla ragazza che compra casa con i soldi dei genitori perché di suoi non ne avrà mai, a quello che il prestito in banca lo deve chiedere la mamma perché ha le garanzie. Forse non sarà la sindrome del cognome ingombrante ad attanagliarli, ma quella dell’identità sì.
Elisa Fuksas ha iniziato prendendo l’ovvia strada dell’architettura, laureandosi ma senza mai dare gli esami di stato, resasi conto già dai primi tempi che non sarebbe stato quello il suo futuro. Si è cimentata nella regia, girando diversi videoclip e soprattutto un lungometraggio ‘Nina’, di difficile consumo ma apprezzato dalla critica. Oggi ha capito che la scrittura è la sua vera passione, e con il primo romanzo ‘La figlia di’ ha dimostrato di averne le capacità. Certo un po’ viene da chiedersi se non sia un pochino paradossale raccontare dell’ingombro di un cognome importante, per poi ottenere la visibilità proprio attraverso esso (quanti romanzi d’esordio vengono recensiti da tutti i giornali nazionali, con tanto di interviste e approfondimenti?). Tuttavia paradosso o no, la mancanza di talento non è una critica che le si può rivolgere, e almeno in questo un pregiudizio lo scardina. Vediamo se nel tempo riuscirà a far crollare anche gli altri.