L’espressione più logora dell’alfabeto umano, il sì, sta lentamente diventando il simbolo iconico della lotta alla violenza sessuale nei campus americani ed europei. Dopo il clamore suscitato dal caso Sulkowicz, e l’emanazione della legge californiana “Yes means yes”, anche i college di Cambridge e Oxford hanno compreso la necessità di educare il proprio studentato al presupposto fondamentale di ogni incontro personale; il consenso. La decisione arriva dopo un bagno di realtà che assomiglia al peggiore degli incubi.
Infatti, secondo uno studio condotto da Women’s Campaign e Varsity, circa il 46% delle studentesse è stato palpeggiato, l’8,4% ha subito almeno un tentativo di violenza e il 4,4% è stato vittima di violenza sessuale. Sorprendentemente l’88% delle vittime non ha sporto alcun genere di denuncia. Il quadro a tinte fosche non è piaciuto alle unioni di studenti che hanno voluto apporre un sonoro no all’idea che il college possa essere in qualche modo considerato un luogo pericoloso o che esista una sorta di negligenza nel trattare il tema delle violenze sessuali.
Per questo entrambi i campus, per la prima volta dalla storia della loro fondazione, hanno reso obbligatori per le matricole una serie di workshop dedicati alla scoperta del concetto di consenso sessuale. La partita da giocare è infatti nel campo dell’interazione tra gli studenti e nei contesti appartenenti al tempo libero. Le violenze subite, secondo gli ultimi casi riportati, come quello di Maria Marcello su Medium, (il nome è fittizio ndr), sono, nella maggior parte delle situazioni, compiute da soggetti conosciuti e all’interno di situazioni percepite come familiari dalla vittima. A mancare, invece, è piuttosto la chiara percezione, anche in situazioni intime, di cosa voglia dire la reciprocità del desiderio. Una confusione, macchiata di cultura sessista, che sembra infatti credere che alcuni presupposti come la conoscenza pregressa della vittima, o lo stordimento provocato dall’alcol, possano da soli costituire una volontà affermativa al rapporto.
Da qui la voglia di ripartire mettendo al centro le relazioni. In particolare, i sexual consent workshop, che si svolgono in forma aperta e durano circa una trentina di minuti, cercano di cambiare alcuni miti sul sesso molto diffusi tra i giovani. Tra i tanti, che l’assenza di un no netto e deciso voglia dire sì, che un bacio dia il diritto al partner maschile di consumare un rapporto completo e che vestirsi in maniera provocante sia un messaggio di disponibilità assoluta al sesso. La strada tuttavia è ancora lunga e l’auspicio è che presto l’azione di educazione promossa dagli studenti si incontri con il potenziamento e il miglioramento delle procedure messe in atto per individuare e punire gli autori degli abusi.