Secondo alcuni dati 2012 il 19% dei ragazzi europei è stato vittima del bullismo. Praticamente uno su cinque. Mentre in Italia la percentuale è dell’11%. Ovviamente si parla dei casi dichiarati, non di quelli che purtroppo rimangono, troppo spesso, taciuti. Se poi si guarda al web, la percentuale aumenta ancora di più: secondo l’indagine firmata Cittadinanza Attiva spiegano che per il 69% dei teenager il cyber bullismo rappresenta la principale minaccia della propria vita.
Più o meno come conferma anche un sondaggio del Ministero dell’Istruzione: uno studente su quattro compie atti di prevaricazione usando Internet, il 26% ne è vittima e il 23,5% si definirebbe un cyber-bullo. Con ripercussioni che potrebbero essere serie anche a lungo termine: secondo la Duke University le vittime sono maggiormente esposte al rischio di soffrire di ansia, depressione, intenzioni suicide in età adulta.
Per questo motivo negli Stati Uniti un gruppo di esperti si è seduto intorno a un tavolo per capire come supportare le bulle, con una terapia che si baserebbe sul gioco, sulla psicologia e sull’apprendimento delle dinamiche di gruppo. Il progetto è stato creato da un team di scienziati dell’Università del Missouri e punta a scardinare le forme di “aggressione relazionale” nei confronti delle più deboli: pettegolezzi, dicerie, esclusione e rifiuto delle proprie coetanee, per un bullismo non fisico ma subdolo e terribile psicologicamente.
Demoninato Girlss (acronimo di Growing interpersonal relationships through learning and systemic supports) è il nome del programma che è stato testato su 30 ragazzine fra 12 e 15 anni. Alla fine del programma, durato 10 settimane, l’équipe ha osservato un netto miglioramento del comportamento generale: le studentesse sono state coinvolte anche in workshop e consulti telefonici bisettimanali, durante i quali sono state monitorate e supervisionate.
Secondo Melissa Maras, co-autrice dello studio e docente del dipartimento di Formazione, scuola di counseling e psicologia dell’ateneo americano, a livello statistico sono i maschietti ad avere il doppio delle possibilità di diventare bulli rispetto alle ragazzine. Fondamentale il ruolo degli adulti: secondo il dipartimento di Salute e servizi Umani dell’ateneo, qualunque caso di bullismo si ferma in soli dieci secondi appena un adulto o un compagno di studi interviene immediatamente.
“La maggiore responsabilità, relativamente a questi fenomeni, è degli insegnanti e dei genitori – dichiara Melissa Maras – Che dovrebbero tenere sempre gli occhi aperti su queste aggressioni relazionali, in modo da evitare di contribuire a peggiorare la situazione con i propri comportamenti involontari”. E prosegue: “I migliori risultati si raggiungono quando scuola e famiglia imparano a collaborare per arginare e poi eliminare l’esclusione sociale dei ragazzini”.