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Se la satira cambia i diritti di tutti

Da Portland a Roma, la stand-up comedy al femminile conquista il proprio spazio e dà voce alle minoranze attraverso ironia e critica sociale

All Jane No Dick Festival
All Jane No Dick Festival
Donne maltrattate, donne assassinate, donne ignorate oppure molto arrabbiate. Il ritratto odierno dell’altra metà del cielo deve spesso attraversare tragedie e sentimenti negativi prima di trovare ascolto all’interno di una società sempre più monotematica. Un altro modo di dipingere le tante sfumature della diversità contemporanea è però possibile, e questa volta l’arma principale dell’empowerment al femminile non è il comizio ma la risata.

Succede nel campo della stand-up comedy, satira dal vivo di stampo anglosassone che rifiuta la copertura della messinscena in onore di un monologo diretto con il pubblico senza travestimenti o caratteri prestabiliti. In Italia, dove il genere muove oggi i primi passi, e in America, dove la forma di intrattenimento dal vivo può contare su una solida tradizione consolidata nel tempo, c’è insomma l’esigenza di ripensare il palco come luogo abbastanza ampio da poter includere tipologie diverse di personalità, background e stili di vita. 

 
Questo avviene specialmente nel solco di un’industria, quella dell’intrattenimento, dove le donne, secondo le attiviste di All Jane No Dick Comedy Festival, hanno una visibilità tra il 17% e il 19%. Per non parlare della discriminazione interna al genere stesso. Oggi sono le donne di colore, asiatiche e latine, a essere più sottorappresentate. Tuttavia, la stand-up al femminile si divide in due grandi filoni; quella fatta dalle donne e quella invece più politicizzata e femminista, che vede nel palco un luogo neutro dove eliminare sessismo, razzismo e omofobia in favore della libera espressione delle minoranze. Le cose stanno cambiando in entrambi i casi.
 
Da Roma a Portland, le stand-up comedian irrompono sulla scena senza chiudere nessun tipo di autorizzazione e creando, in molti casi, dei palcoscenici alternativi a quelli cosiddetti mainstream: prevalentemente bianchi e dominati dagli uomini. “Ogni volta che provo un senso di soffocamento – racconta Velia Lalli, stand-up comedian romana appartenente, tra gli altri, al collettivo Satiriasi – è perché qualcuno tenta di chiudermi in una immagine femminile che non mi appartiene e invece di mettergli le mani addosso, scrivo un monologo. Ma è un palliativo – scherza – mettergli le mani addosso mi darebbe maggior soddisfazione”. 
 
In America, il palco essenziale della stand-up comedy è la piattaforma dalla quale prendono vita vere e proprie storie di coraggio e rivincita. Maysoon Zayid è, come si definisce lei stessa, una stand-up comedian arabo-americana, musulmana, palestinese, affetta da paralisi cerebrale e persino del New Jersey. Un concentrato di diversità che le ha permesso di creare sketch irriverenti capaci di incidere profondamente sul concetto collettivo di disabilità e sull’immagine negativa degli arabi-americani negli Stati Uniti. Più militante è invece la scena della provincia americana. Siamo a Portland in Oregon, dove la satira femminista ha scelto di creare palchi dedicati esclusivamente all’esibizione di donne, bianche e di colore, insieme a membri della comunità LGBQT. Realtà come “Am I Right Ladies?!” e “It is Gonna be Okay”, sono solo due degli appuntamenti cittadini che pongono le cosiddette minoranze al centro del palco.

Questo perché lo scopo principale della satira femminista è quello di aumentare la visibilità delle donne all’interno della commedia, creando degli spazi franchi nei quali la discriminazione avviene in base al talento e non al genere o all’orientamento sessuale. E il rapporto con i colleghi maschi? In Italia sembra regnare un clima piuttosto disteso. “Nessuna discriminazione – racconta Velia Lalli – tramite i colleghi maschi ho invece acquisito, la consapevolezza che una voce femminile è importante e può avere più risalto, proprio perché più rara. Ho ricevuto critiche costruttive, meno costruttive e incoraggiamenti.”. L’augurio infine è quello di veder affermata anche nel nostro paese una realtà artistica che ha come scopo principale l’aspra critica dei costumi scevra di ogni mascheramento o moralismo, e dove la bellezza fisica non è da sola un fattore capace di accrescere la credibilità: “La stand-up, semplicemente, è un genere che si conosce ancora poco in Italia… diamo il tempo alle donne di scoprirlo, innamorarsene, e prendersi autonomamente uno spazio sicuro sul palco. E di smetterla di imbruttirsi per far ridere.”.