Non è esattamente il tipo di arte che si associa a Roma, eppure la street-art negli ultimi anni sta trovando il suo meritato spazio nella Città Eterna. Una pratica sdoganata grazie ad iniziative di successo, che hanno abbellito i quartieri di periferia e i muri abbandonati della città strappandoli, almeno visivamente, al degrado. Tra queste iniziative una delle più meritevoli è Outdoor, festival giunto quest’anno alla quarta edizione che ha conquistato la città con una sferzata di energia.
La street-art è cambiamento, è guardare avanti (non a caso il sottotitolo di Outdoor 2014 è Moving Forward), è comunicazione, è capacità di trasformare i connotati degli spazi in disuso, e dopo 3 edizioni in giro per la città, quest’anno il festival si è fermato in un unico, impressionante luogo, l’ex dogana di San Lorenzo. Impressionante perché si tratta di uno spazio enorme (5000 metri quadrati), con stanze spoglie e muri infiniti, che gli artisti di Outdoor hanno dipinto, decorato, ravvivato con installazioni e luci, dopo anni di disuso e prima di un imminente smantellamento.
Outdoor, festival di arte contaminata da urbanistica ed architettura, ha aperto i battenti lo scorso 25 ottobre e fino al 22 novembre porta una ventata di cosmopolitismo nella capitale, con l’esposizione delle opere site-specific e con weekend di eventi e concerti dal vivo. Artisti di 6 nazionalità diverse hanno trasformato i muri spogli dell’ex dogana, tra gli italiani JB Rock, Laurina Paperina, Brus, Ike, Tnec, Hoek, Galo, Davide Dormino. E poi dalla Francia Thomas Canto, dalla Grecia il duo Blaqk, Lady AIko dal Giappone, Dot Dot Dot dalla Norvegia, Faith 47 e Jack Fox dal Sud Africa, dagli Stati Uniti Buff Monster.
E’ difficile entrare all’ex-dogana trasformata in una grande galleria d’arte e non pensare che, se ci trovassimo a Berlino, a Parigi, a New York, a Londra, sarebbe già diventata un meraviglioso spazio polifunzionale, un museo, un collettivo di atelier, un luogo dove fare musica e spettacoli, fiere, mercatini. Invece il programma è quello di smantellare anziché riconvertire, distruggere anziché rinnovare, in un’ottica ben lungi dal trend che ha contagiato le città più ferventi del mondo e che mira a trasformare, riutilizzare, sfruttare gli spazi urbani già esistenti dando loro una nuova fruibilità. Il complesso industriale risale al 1925, ed è rimasto chiuso per anni, oltre ad essere praticamente sconosciuto a buona parte dei romani. Si trova in una posizione facilmente raggiungibile essendo a due passi dalla stazione Termini, vale davvero la pena andare a vederlo prima che scompaia per sempre. Nella speranza che il successo di Outdoor (l’afflusso di gente alla serata inauguralelo conferma ) smuova gli animi e qualche mentre illuminata impedendone l’abbattimento.