La storia di Tiziano Terzani è composta da tantissimi capitoli. Decine e decine, forse centinaia, tanti quanti sono stati i suoi viaggi, gli articoli, i dispacci da paesi lontani, che ai suoi tempi lo erano ancora di più. Capitoli su capitoli che parlano di un uomo con un’infinita curiosità verso il mondo che lo circondava, un’immensa voglia di capire gli uomini che lo abitano, una grande facoltà di comprendere ed empatizzare con loro. E’ la storia di un viaggiatore che aveva tanta voglia di imparare, che ha interiorizzato le lezioni che la vita, la conoscenza di un mondo lontano come l’Asia gli hanno regalato, che le ha fatte e sue e le ha volute raccontare a noi, noi tutti ma soprattutto noi occidentali.
A poco più di dieci anni dalla sua morte, avvenuta nell’estate del 2004, i suoi libri continuano ad essere venduti (anzi, più di prima) e le raccolte dei suoi articoli vengono puntualmente riproposte sotto nuove edizione. Questo perché i racconti che racchiudono sono ancora validi, validissimi, sia che si tratti di narrazioni storiche – sempre utili da scoprire, sia perché la saggezza acquisita in anni di viaggi è una perla che non smette mai di avere valore. Tiziano Terzani ha trascorso nel sud-est asiatico gran parte della sua vita, della sua carriera, ha conosciuto il Vietnam ai tempi della guerra, la Cambogia nell’oscuro periodo dell’olocausto, la Cina e nei tempi in cui ancora si poteva credere nel comunismo. E’ stato uno dei primi a dire ‘ci siamo sbagliati’, a scoprire che l’ideologia era stata trasposta nel mondo reale sotto forma di repressione e brutalità (ha conosciuto bene anche l’Unione Sovietica). Ma è stato anche uno dei primi a denunciare lo sviluppo sena freni e senza scrupoli del capitalismo, lo sfruttamento dei paesi sottosviluppati. Ha conosciuto la Thailandia e Hong Kong, Shanghai e il Laos e l’India, ed è in quest’ultima che negli ultimi anni di vita si è soffermato, attratto dalla spiritualità dei popoli Himalayani, che lo ha aiutato profondamente ad interiorizzare la malattia che lo ha portato alla morte.
Corrispondente per decenni di Der Spiegel, collaboratore, fra gli altri, di La Repubblica in Italia, autore di tantissimi libri tra cui ‘Un indovino mi disse’, probabilmente il più famoso, Terzani è diventato una sorta di guida autorevole al mondo, uno di quei viaggiatori per amore che sanno incantare quando raccontano le vicende dei popoli. ‘In Asia‘, una raccolta dei suoi dispacci da paesi in cui all’epoca non era per nulla facile muoversi, entrare e uscire, figuriamoci indagare, offre uno spaccato meraviglioso non solo sul continente negli anni ’70, ma sulla storia del giornalismo in toto.
Indimenticabile lo ‘scontro tra titani’ avvenuto sulle pagine del Corriere quando Terzani rispose alle invettive rabbiose di Oriana Fallaci contro il mondo arabo dopo il crollo delle Torri Gemelle l’11 settembre 2001. In una lunga lettera il giornalista le parlò dell’inutilità dell’odio e soprattutto della guerra, di quanto chiedere ‘occhio per occhio’ avrebbe portato solo a situazioni peggiori, di come la guerra in Afghanistan non avrebbe fermato il terrorismo, anzi (e guardate un po’ a che punto siamo a distanza di 13 anni) e soprattutto di come gli facesse paura che una mente brillante potesse lasciarsi andare ad invettive di una tale prospettiva, cieca e abbietta. Pacifista, vegetariano, Terzani odiava tutto ciò che rappresentava una forma di violenza, si trattasse di guerra, di mattatoi, di capitalismo sfruttatore o di comunismo repressivo, di incitazione all’odio. Leggere i suoi libri dovrebbe essere un esercizio periodico: si possono anche non condividere alcune delle sue idee, ma è impossibile non scoprirvi qualcosa da imparare.