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Sesso alternativo: il Kinbaku

Il piacere tramite la costrizione fisica (studiata) del bondage giapponese

pratica sessuale giapponese con corde
Venezia - Festival Erotismo 2014

“Gran parte del fascino del bondage giapponese risiede nella sensuale bellezza visiva del soggetto legato”. Così si legge in ‘La seducente arte del bondage giapponese’ di Midori (L’Airone Editrice), testo illustrato dalle fotografie di Craig Morey e dedicato all’antica arte giapponese del Kinbaku.

Si tratta di un insieme di pratiche sessuali che condividono il principio della costrizione fisica. Esso permette di vivere la sessualità in modo alternativo, estremo, libero e travolgente. Non conosce limiti, non si pone confini, il bondage è senza censure. Una pratica “bollente” in voga in Italia tanto da vedere il proliferare di corsi e workshop, oltre all’aumento del numero di appassionati.

Il bondage è una pratica che può avere varie sfumature a seconda degli stili e delle persone che vi si applicano. Sicuramente fa parte di una serie di modi di vivere la sessualità in modo alternativo che sono comunemente denominati BDSM (Bondage Disciplina Dominazione Sottomissione Sadismo Masochismo). Il bondage in sé può essere fatto con corde, catene, cinghie di cuoio o tessuto e tanto altro ancora. Nel rope bondage, il tutto viene eseguito con le corde. Come molte altre pratiche, quali la cerimonia del tè o i kata – serie di movimenti e figure, nelle arti marziali – il bondage giapponese tende a ritualizzare e a rendere armoniose le proprie legature, ma così come quelle altre pratiche, è un qualcosa in divenire, che inizia quando si mette mano alle corde e finisce, senza soluzione di continuità, quando viene sciolto l’ultimo nodo.

E’ una pratica intima e capace di dare forti emozioni alla coppia perché coinvolge tutti i sensi: le corde sono uno strumento versatile perché hanno un peso, un odore, una ruvidezza, producono un rumore strusciando sulla pelle o sui vestiti, hanno un sapore (si usano anche come bavagli) e possono essere usate dolcemente o in maniera più energica, dando quindi uno spettro di sensazioni molto ampio. Il Kinbaku è quindi una pratica che ha come fine quello di usare le corde per dare alternativamente piacere, dolore, languore, dolcezza e così via. La componente sadomasochista è indubbiamente presente in modi più o meno estesi.

Una tendenza, quella del Kinbaku che in Occidente è cresciuto notevolmente negli ultimi dieci anni. La cultura dello shibari ha radici molto antiche (nasce nel XV secolo) e riflette il legame millenario tra il popolo giapponese e l’uso delle corde; le tradizionali cerimonie religiose hanno sempre incluso l’utilizzo di funi e legamenti per simboleggiare il collegamento tra l’umano ed il divino. Inizialmente questa arte era utilizzata dai samurai come forma di prigionia (tale pratica rimase fino a XVII secolo), all’epoca le risorse di metalli erano scarse, ma abbondavano funi di canapa e iuta, così, spesso i prigionieri non venivano incarcerati ma immobilizzati con una corda.

Il bondage comporta rischi che possono essere anche gravi se questa pratica viene affrontata in modo imprudente, senza preparazione e conoscenza e senza aver messo in atto una serie di misure di sicurezza. Ma non è di per sé più rischiosa di tante altre che vengono affrontate quotidianamente. La violenza dovrebbe essere eliminata per il fatto che la pratica avviene tra adulti consenzienti e consapevoli delle difficoltà e dei potenziali rischi. Chi ama il bondage cerca per prima cosa di conoscere bene i propri limiti e quelli dell’altra persona, perché lo scopo è sempre e comunque far sì che l’esperienza vissuta, anche se impegnativa dal punto di vista meramente fisico, sia fonte di appagamento emotivo e porti per entrambi ad un livello di benessere psico-fisico maggiore.

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