‘I fotografi non dovrebbero mai farsi vedere o sentire’: questo è il mantra che ha accompagnato Jane Bown in tutta la sua carriera. Una lunghissima e prolifica carriera, durante la quale ha catturato sguardi e momenti, volti e situazioni divenute iconiche, il tutto con l’estrema riservatezza di chi si sente a proprio agio solo dietro la macchina fotografica, mai davanti. Jane Bown è forse stata la fotografa più timida della Gran Bretagna (così la ricorda il Guardian), ma il suo lungo e importante lavoro per l’Observer l’ha comunque resa una delle protagoniste più rilevanti nel mondo del fotogiornalismo.
Specializzata in ritratti, i suoi scatti sono riconoscibili per l’uso della luce, sempre naturale ma estrema, in un gioco di chiaroscuri che diventa protagonista dell’immagine tanto quanto il soggetto stesso. E’ con la luce e l’ombra che Jane Bown ‘scavava’ nell’anima dei suoi soggetti e ne evidenziava emozioni e stati d’animo. Tra i suoi scatti, alcuni dei ritratti che hanno fatto la storia, da Samuel Beckett a Orson Welles, da Margareth Thatcher a John Lennon, da Truman Capote a Mick Jagger. In tempi più recenti, è stata lei ad immortalare la Regina Elisabetta al suo ottantesimo compleanno. Dal 1949, anno in cui l’Observer le commissionò il primo lavoro, un ritratto del filosofo Bertrand Russel, agli anni 2000, Jane Bow ha continuato la sua eterna ricerca della luce per immortalare i personaggi che hanno fatto la storia artistica, politica, culturale dell’Europa e degli Stati Uniti.
A lei, riservata, schiva e fuggente, Luke Dodd e Michael Whyte hanno dedicato un documentario ‘Looking for Light’, che ricostruisce e omaggia la fitta carriera di Jane Bown, cogliendo l’occasione per raccontare un po’ la sua vita e per sentire dalla sua voce opinioni e riflessioni. C’è voluto un po’ perché Luke Dodd, suo assistente in tempi recenti, convincesse l’oggi quasi 90enne Jane a lasciarsi alle spalle un po’ di quella riservatezza che ha contribuito a creare il mito, ma che i registi hanno voluto un pochino smussare per poter lasciare ai posteri una testimonianza di grande valore. In ‘Looking for Light’ Jane Bown si racconta, conversa, snocciola aneddoti, e, attraverso carrellate di immagini, ricostruisce una carriera che è stata all’antitesi del fotogiornalismo ‘macho’ e invasivo degli anni ’50: niente aggressività, niente clamore, la fotografa, anche grazie alla sua bassa statura, si infilava tra la folla e spuntava silenziosa in prima linea, assicurandosi ritratti indimenticabili. Sempre a patto di aver trovato la luce giusta, naturalmente.