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L’Arabia Saudita guarda al futuro con Muna

Volto dell’Islam meno radicale, l’attivista si batte giornalmente per migliorare la condizione femminile in tutto il Medio Oriente

Muna AbuSulayman parla al World Economic Forum nel 2012 a Istanbul
- World Economic Forum Photo by Norbert Schiller
Nel 2011 dichiarò pubblicamente durante una conferenza organizzata dal network TedEx, che personaggi pubblici del calibro di Kate Middleton e Michelle Obama, venivano apprezzate solamente perché incarnavano lo stereotipo della buona moglie paziente e sempre un passo indietro rispetto ai celebri mariti. Muna Abusulayman, segni particolari saudita, attivista, imprenditrice, conduttrice di un celebre show arabo che affronta tematiche tabù legate all’universo femminile, è da alcuni anni il simbolo di un’Arabia Saudita più moderna che lotta per l’emancipazione delle donne con costanza e intelligenza. Muna, oggi quarantenne, nasce negli Stati Uniti, dove il padre Abdulhamid AbuSulayman, completava un dottorato in Relazioni Internazionali presso l’Università della Pennsylvania, e cresce tra l’America, l’Arabia Saudita e la Malesia.

Con una storia personale multiculturale, la conduttrice è una delle prime promotrici di un avvicinamento tra Islam e Occidente in un paese dove la condizione femminile non consente di guidare in autonomia o candidarsi per determinati lavori. Un processo di rinnovamento che avviene soprattutto a partire dal 2002, anno nel quale l’attivista viene scelta come presentatrice del talk show Kalam Nawaem del network panarabo con sede a Dubai Middle East Broadcasting Center (MBC). L’evento è epocale: si tratta della prima donna saudita a comparire su un canale internazionale. La strada per l’emancipazione è tuttavia ancora lunga. L’Arabia Saudita si colloca nel 2013 al 127° posto del Gender Gap Index su un totale di 136 paesi misurati e le donne vivono restrizioni enormi rispetto alla propria vita personale, incontrando ostacoli come il divieto di guida e il parziale accesso a una carriera professionale.

Un soffitto di cristallo che può essere abbattuto solamente cambiando radicalmente la cultura patriarcale che identifica la donna come un oggetto da possedere e controllare secondo i propri bisogni. Per questo Muna rivendica la propria autonomia, firma una linea di veli e abiti tradizionali rinnovati nei tessuti e nelle fantasie, e viene scelta dal principe saudita per guidare l’associazione Alwaleed Bin Talal Foundation, organo incaricato di migliorare l’empowerment femminile e le relazioni con l’Occidente. Ed è forse grazie anche al lavoro costante dell’attivista saudita e delle tante personalità che sostengono un paese più progressista e egualitario, che appare meno improbabile l’annuncio fatto nel 2011 dal re Abdullah di dare la possibilità di votare anche alle donne a partire dal 2015. Un traguardo importante che molti aspettano con ansia guardando ad un futuro migliore grazie anche agli occhi di Muna. 

 
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