Capelli pettinati all’indietro, abito scuro, camicia bianca e un paio di Persol neri squadrati che incorniciano lo sguardo sbilenco. Marcello Mastroianni guarda l’Italia dal poster della 67esima edizione del Festival di Cannes, e la interroga su chi è e chi vuole essere. Dietro l’accessorio indossato dal personaggio di Guido Anselmi in Otto e mezzo, si celano le virtù di un attore che continua a rappresentare l’eredità culturale di un’intera cinematografia, il dinamismo di una nazione dopo l’orrore del conflitto armato, e un passato nostrano glorioso, al quale si vuole cessare di guardare con nostalgia.
Il completo nero indossato da Marcello Rubini in La dolce vita, afferma agli occhi del mondo lo stile tricolore attraverso le caratteristiche originali che lo renderanno icona di qualità per oltre mezzo secolo: eccellenza sartoriale e originalità. Tra l’abito, immaginato da Piero Gherardi, che accompagna i peregrinaggi del giornalista nella città eterna e quello indossato solo otto anni da Gregory Peck in Vacanze Romane, scorrono due diverse idee di virilità.
Il completo su misura di Rubini comunica una mascolinità edonista, tenera e raffinata, che si esprime nell’unicità del capo, nell’aderenza alla figura, nel riconoscimento dell’uomo come portatore unico di gusti e misure. Il personaggio di Gregory Peck, invece, indossa giacche abbondanti nel taglio ed esprime piuttosto il diktat di una società governata dalla comodità, dall’efficienza e dalla produzione su larga scala.
Il protagonista di La dolce vita, cura la persona fin dagli accessori e celebra il trionfo della moda che traveste l’ozio, di edonismo, e l’intelletto, di tenero cinismo. E’ il flaneur italiano, donnaiolo e appassionato, mai coinvolto fino in fondo, fotografato nel momento in cui comincia a domandarsi se tanta leggerezza non si nutra in realtà di soffocante smarrimento.
L’opposto, per certi versi, di un altro dandy intramontabile della narrativa, questa volta letteraria: Jay Gatsby. Per il protagonista di Il Grande Gatsby, l’abbigliamento rappresenta uno dei tanti travestimenti scelti per introdursi nel mondo dorato e superficiale di Daisy Buchanan. L’abito, in questo caso, più che essere fedele ai pensieri del protagonista, ne nasconde i veri intenti. Dalla frattura tra l’uomo e il vestito, dall’incapacità di stanare l’illusione e riconoscere l’autenticità della propria persona, nascerà la più grande tragedia del romanzo.
Per Mastroianni, l’aderenza tra l’essere e l’apparire del personaggio, si realizza definitivamente in Otto e mezzo. Sul capo di Guido compare l’iconico Borsalino e l’ego ironico del regista in crisi creativa, rimane talmente ancorato al proprio personaggio da non abbandonare mai il copricapo lussuoso e gli occhiali da vista con montatura spessa nemmeno nella vasca da bagno.
E il Marcello uomo? Nelle scelte estetiche non si allontana molto dal Marcello attore. Il look è sempre curato e raffinato, per certi versi meno estroso dei personaggi sposati sulla pellicola. Uno scatto rubato vede l’attore camminare per strada accanto a Catherine Deneuve e la piccola figlia Chiara. Marcello indossa un completo grigio, perfezionato da gilet e cravatta, e ha in mano un montgomery con alamari classico. L’aspetto è regale, il completo accarezza la figura, e la postura fiera sembra incarnare l’orgoglio del ruolo paterno e l’istinto di protezione del nucleo famigliare. Gli stessi sentimenti di amor proprio che L’Italia cerca oggi di riscoprire con fatica nel solco della tradizione della moda made in Italy.