La filosofia vegan, stando alla spiegazione della Vegan Society, è una scelta di vita che si propone di escludere tutte le forme di sfruttamento e di crudeltà nei riguardi degli animali relative tanto alla sfera alimentare quanto a quella dell’abbigliamento etc. Che dire invece dei medicinali? Non bisogna dimenticare infatti che, spesso, in caso di necessità per curare febbre, raffreddore o patologie più o meno gravi, ci si avvale di farmaci in grado di curare il male che affligge il corpo: ebbene sì, anche pasticche, sciroppi etc. possono contenere al loro interno sostanze di origine animale.
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Leggere i componenti non è sufficiente, i bugiardini non sono così onesti e attendibili: esiste dunque un’alternativa per tenere fede al proprio credo? Interessante lo studio condotto dall’Imperial College di Londra i cui i ricercatori hanno analizzato la composizione e la provenienza dei 100 medicinali più comuni nel Regno Unito: da quanto emerge il lattosio, estratto da caglio vaccino, è risultato presente in 59 dei medicinali esaminati; il magnesio stearato, derivato dal grasso di mucca, maiale o pecora, è presente in 49 farmaci mentre, la gelatina, ricavata dalle ossa o dalle pelle di bovino, suino o pesce è stata rilevata in 20. La media non conforta, parliamo di più di 70 farmaci su 100 in cui è stata certificata la presenza di uno o più eccipienti di possibile origine animale.
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Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica British Medical Journal, porta alla conclusione che c’è molta confusione, le informazioni diffuse sono dubbie e spesso errate, un dettaglio non indifferente in quanto potrebbero andare a creare un danno nel paziente portandolo a venire meno a scelte di vita personali ma anche al proprio credo religioso: basta pensare alla gelatina di origine suina, off limits per musulmani ed ebrei.
Sarebbe opportuno provvedere ad un’etichettatura più completa ed esaustiva dei farmaci, come si fa per i beni alimentari, al fine di mettere ogni soggetto nella condizione di sapere perfettamente cosa va ad ingerire andando allo stesso tempo ad aiutare i medici a prescrivere in maniera più consapevole le terapie adatte a ciascun paziente. Al momento però, le norme europee in vigore obbligano i produttori a segnalare solo la presenza di sostanze che possono provocare reazioni cliniche dannose ma non la provenienza dei singoli ingredienti.