Se la vita di città costa troppo, gli affitti hanno raggiunto prezzi stellari, gli stipendi sono drasticamente diminuiti, perché continuare a vivere in pochi scomodissimi metri quadrati, magari in monolocali seminterrati, quando la nuova tendenza dell’abitare suggerisce un modo per occupare poco spazio, ma in case adorabili? Le tiny houses sono una realtà sempre più comune, soprattutto negli Stati Uniti – famosa l’esperienza della coppia di architetti che ha creato la loro Clothesline Tiny House, divenuta un vero e proprio business edilizio – ma anche un’archistar nostrana come Renzo Piano ha progettato la sua personale versione di casa in miniatura, Diogene.
Ebbene, a Washington DC, appena fuori dal centro cittadino, sorge un’intera area abitativa su cui sono state edificate diverse tiny houses, e si chiama Boneyard Studios. Si tratta di case mobili, costruite su piattaforme con le ruote, dall’estetica che nella maggior parte dei casi ricorda la classica casetta di legno, o lo chalet di montagna, ma non mancano versioni più moderne e geometriche. Ciò che le accomuna è la metratura ridotta, dai 45 ai 60 metri quadrati per tutto ciò che una casa necessita (e a pensarci bene, molti monolocali delle grandi città neanche arrivano a queste dimensioni) e lo spazio esterno: un grande orto o giardino condiviso.
L’idea è nata nel 2012 da un gruppo di giovani stanchi di spostarsi di casa in casa pagando affitti stellari, in collaborazione con alcuni designers e architetti. Per ora sono quattro i modelli di casa proposti, e ovviamente sono tutte costruite con materiali naturali, legno in primis.
La missione va oltre il concetto di ‘avere una casa’, ma è anche un modo di promuovere un nuovo modo di abitare, dimostrando come aree semi-abbdandonate o lotti di terreno in disuso potrebbero tornare a vivere con costi ridotti, ridottissimi. E’ inoltre una rivoluzione dal punto di vista urbanistico, che cambierebbe l’estetica delle città e delle comunità, e, non ultimo, un ottimo incentivo a vivere in modo sostenibile. Molte di queste case sono infatti autosufficienti grazie a pannelli solari e sistemi di riuso delle acque di scarico (con le quali si annaffiano orti e giardini), e in un ottica educativa, promuovono una vita semplice, dove si impara a fare a meno del superfluo e a ridurre gli sprechi. C’è tuttavia un problema burocratico nel poter prendere effettiva residenza a Boneyard Studios, perché le leggi di pianificazione urbana di Washington impongono restrizioni rispetto alle metrature abitabili. La regolamentazione si sta attualmente rivedendo e l’esperienza di queste tiny houses, sperano gli ideatori, sia un incentivo a cambiarla.
Immagine: Courtesy of www.boneyardstudios.com