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Cibo unto da leccarsi i baffi: Chef Rubio

Basta ristoranti stellati e sofisticate idee gourmand: lo street food è il vero cibo con l’anima, che Chef Rubio ci racconta grazie ai suoi viaggi gastronomici ‘Unti e bisunti’

Chef Rubio
LaPresse

In piena food-obsession, in cui la tv straripa di programmi sul cibo, gli chef diventano le nuove rock star, e il filone chef-giovane-e-cool imperversa. Chi guarda la televisione non può ignorare chi sia il fenomeno del momento in questo frangente: Chef Rubio, naturalmente, alias Gabriele Rubini, conduttore del programma ‘Unti e bisunti’ di DMax. Perché rientra nel filone? Perché è giovane, tatuato, attraente. Perché è diverso? Perché la sua cucina non è patinata, non si spara pose ammiccanti, e non teme di ungersi mangiando ‘zozzate’ per le strade d’Italia.

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Il suo programma, per chi non lo sapesse, va in onda da poco più di 2 mesi, ma è già un successone: Chef Rubio se ne va in giro a caccia dello ‘zozzone’ locale, dove si mangia lo street food più vero e verace, unto, bisunto, con l’anima. Parliamo di panini con la milza, fritti di ogni genere, dai supplì alle rane, ma anche piatti della tradizione, come il caciucco, purché consumati in osterie e ‘bettole’. Niente cucina stellata e patinata, piatti di cuore che il giovane chef cerca di riprodurre sfidando i cuochi locali. La giuria non è composta di gourmand o intenditori, ma di bocche genuine e valutazioni senza fronzoli.

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Il successo nasce proprio da questo, dall’aver riportato la cucina ‘a terra’ in un momento in cui gli chef sono stati innalzati ad uno status quasi divino. Chef Rubio è diretto, si sporca e si unge, mangia fritto e grasso, parla con una forte accento romano (anzi, di Frascati) che combacia perfettamente col personaggio, è tatuatissimo e ha quei baffi a manubrio che lo rendono originale – e un po’ hipster. Ma qual è la sua storia? Gabriele Rubini è, in origine, destinato alla carriera sportiva, e, come testimoniano le braccia muscolose, nel rugby. Poco più che ventenne si trasferisce a Wellington per giocare, ed è proprio qui che arriva la nuova passione, la cucina, grazie al lavoro nei ristoranti locali. Un problema al ginocchio lo costringe a smettere con il rugby, ma nel frattempo l’amore per i fornelli è scoppiato: inizia a girare il mondo, si innamora delle cucine locali e in particolare dello street food, vera espressione delle comunità e del loro modo di vivere. Parte del successo del suo Unti e bisunti in fondo deriva anche da questo: scoprire quante sfaccettature ha l’Italia, il suo popolo, le sue tradizioni.

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Comunque, non pensiate che sia semplicemente un fenomeno mediatico: Gabriele è davvero uno chef diplomatosi niente meno che all’Alma di Gualtiero Marchesi. A leggere le interviste le domande di rito che gli si rivolgono sono 3: i tatuaggi, i baffi, e il piatto preferito. Alla prima risponde che si tratta di un unico grande ‘diario’ impresso sulla pelle in un momento particolare della sua vita; alla seconda racconta che i baffi sono ‘nati’ da un barbiere indiano in occasione di un matrimonio in Rajasthan; e alla terza dice di non saper scegliere esattamente, ma se sicuramente il piatto proustiano per eccellenza sono le seppie con i piselli della madre. E naturalmente la citazione sul piatto più assurdo che ha mangiato tra il cibo di strada del mondo: lo sperma di merluzzo in Giappone fa un certo effetto, ma  anche il tofu marcio Cinese è un’esperienza difficile da dimenticare.