La concomitanza con Sanremo è soltanto una coincidenza, ma il grande sbarco è tutt’altro che lasciato a caso: Spotify arriva in Italia. Il servizio di streaming musicale è attivo dal 2008 in Svezia, sua terra madre, a causa di beghe legali di diverso genere e accordi non presi arriva solo oggi nel Belpaese: meglio tardi che mai. Il lancio è stato preceduto da una fervente attesa, interrotta solo un paio di settimane fa dalla nomina ufficiale di Veronica Diquattro a country manager: trentenne, proveniente niente meno che da Google, è la nuova responsabile del mercato italiano di Spotify.
Ma come funziona? Spotify è un servizio di streaming musicale, che permette l’accesso a circa venti milioni di canzoni. Non si tratta di download, i brani si ascoltano grazie al collegamento ad internet, un po’ come funziona Youtube e un po’ come una radio con cui però si può interagire scegliendo i pezzi, ed è perfettamente legale grazie ad accordi che il servizio ha fatto con le case discografiche, sia major che indipendenti. Con le canzoni scelte si creano delle playlist (per genere, per artista, per annate), che vengono poi condivise tramite i social network, in modo che gli amici possano vederle e usufruirne. Per iscriversi occorre avere obbligatoriamente un account facebook (opzione che non vale per chi si è iscritto prima di settembre 2011, ma ovviamente non in Italia), e andare sul sito ufficiale (www.spotify.com) registrandosi e scaricando l’applicazione. Il servizio è compatibile per tutti i sistemi operativi iOS, Android, Symbian, Windows, e praticamente tutti i dispositivi, dallo smartphone al tablet passando per il Blackberry.
Si possono scegliere tre modalità di abbonamento. Quella completamente gratuita è intervallata da pubblicità, sia audio che grafica. Si può sottoscrivere un abbonamento Unlimited per 4,99 euro al mese in cui la pubblicità sparisce, mentre il servizio Premium per 9,99 euro al mese aumenta la qualità audio e soprattutto permette di ‘salvare’ fino a 9999 brani su tre dispositivi (3333 per dispositivo). I primi due account funzionano da laptop e computer (Mac o pc), mentre l’ultimo si può usare anche da dispositivi mobili. La discoteca personale si può condividere tramite Facebook e Twitter, ma vi sono dei grandi assenti dal database: i Beatles, causa licenza esclusiva di iTunes, i Led Zeppelin, i Pink Floyd, gli Ac/Dc, in Italia manca Lucio Dalla, sempre per questioni legate a licenze ed etichette. Mancano anche gli artisti che vendono attraverso il download. Ma tutto sommato, ventimila brani possono bastare, nonostante l’assenza di questi mostrai sacri. Nei paesi dove Spotify è diffuso il successo è stato davvero travolgente: ad oggi il servizio conta 20 milioni di utenti, di cui 5 milioni abbonati a pagamento. Gli incassi del servizio ovviamente provengono dagli abbonamenti, ma anche dalla pubblicità nel caso di account gratuiti. E a quanto pare anche le case discografiche in questo modo vengono accontentate, scoraggiando la pirateria e promuovendo i loro brani.
Dicevamo che Spotify arriva in Italia in concomitanza di Sanremo per puro caso (il lancio avviene in questi giorni anche in altri paesi come la Polonia), ma la coincidenza si può rivelare proficua per cominciare a diffondere il servizio. Ecco che l’accordo è presto preso: da oggi a sabato potrete ascoltare grazie a Spotify le canzoni in concorso di diversi artisti, come Marco Mengoni, Almamegretta, Elio e le storie tese, Daniele Silvestri. E’ facile prevedere che, come nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, l’avvento di Spotify sarà un successo, che cambierà per sempre il modo di ascoltare musica e faciliterà l’accesso ad essa. Spotify è un vero figlio del nostro tempo, che è riuscito con un colpo di spugna a mettere a disposizione di tutti tantissima musica, e allo stesso tempo a contrastare la pirateria mettendo d’accordo etichette, utenti, mercato e, speriamo, artisti. Quattro piccioni con una fava.