Wadjda è una bambina di 10 anni che vive alla periferia di Riyadh, la capitale Saudita. Simpatica e intraprendente, è decisa a superare i limiti imposti dalla cultura del suo Paese, a volte neanche rendendosene conto. Desiderare una bicicletta per una bambina in Arabia Saudita può avere delle ripercussioni: alle donne non è permesso pedalare, perché il sellino può essere un pericolo per la ‘virtù’ delle signorine. Ma Wadjda vuole a tutti i costi la bicicletta verde che ha visto in un negozio per partecipare ad una gara con gli amici, e cercherà in tutti i modi di averla.
‘La Bicicletta Verde’ è una pellicola che oltre a raccontare taboo e ortodossia in Arabia Saudita, è anche il primo lungometraggio girato da una regista donna nel Regno: Haifaa Al Mansour è ritenuta una delle più significative figure cinematografiche del Paese. Ha ricevuto la Laurea in letteratura dall’Università Americana del Cairo e ha completato il Master in Regia e Studi Cinematografici all’Università di Sydney. Il suo lavoro è da una parte acclamato e dall’altra denigrato per aver sollevato argomenti in genere considerati taboo, come la tolleranza, i pericoli dell’ortodossia, e il bisogno dei Sauditi di guardare con occhio critico la propria cultura tradizionalista e restrittiva. Grazie ai suoi film ed ai lavori per televisione, Al Mansour è famosa per riuscire a penetrare quel muro di silenzi che circonda le vite delle donne Saudite, e fornire un palco per le loro voci inascoltate.
“Sono così fiera di aver girato il primo lungometraggio mai filmato interamente nel Regno. Io vengo da una piccola città dell’Arabia Saudita dove ci sono molte ragazzine come Wadjda, che hanno grandi sogni, forti personalità e tanto potenziale. Queste ragazzine possono rimodellare e ridefinire la nostra nazione, e lo faranno. Era importante per me lavorare con un cast tutto Saudita per raccontare la storia in maniera autentica, con voci locali.”
L’emancipazione delle donne Saudite passa dalle ruote: non solo la bicicletta, anche la guida dell’auto è per loro vietata. Nel 1990 40 donne salirono in auto e guidarono: una protesta per le vie della capitale che costò il lavoro a molte di loro, ma rimase sicuramente impressa nell’immaginario collettivo. L’anno successivo il Gran Muftì (massima autorità religiosa) emise un editto contro le donne al volante, seguito da un provvedimento formale che impediva alle donne di condurre l’auto da sole. Nel 2011 Re Abdullah ha annunciato che, a partire dal 2015, le donne avranno diritto di voto e di candidarsi alle elezioni municipali. Ma a loro è ancora proibito viaggiare, lavorare o accedere all’istruzione senza l’autorizzazione di un uomo che ne ha la potestà. La storia di Wadjda è la storia di migliaia di altre bambine a cui vengono negati non solo i diritti fondamentali, ma anche le possibilità più elementari come muoversi in bicicletta.
La Bicicletta Verde – titolo originale Wadjda – sarà nelle sale italiane dal 6 dicembre, ed è stato presentato in Italia al Festival del Cinema di Venezia, dove è stato acclamato dalla critica. Questa sera 27 novembre verrà invece proiettato presso la Casa del Cinema di Roma, un evento patrocinato da Amnesty International e in cui sarà presente la regista. Amnesty International è accanto alle donne dei paesi del Medio Oriente e sostiene le loro aspirazioni a conquistare la parità di genere e a far sì che i loro diritti siano riconosciuti nelle costituzioni, nelle leggi e nelle prassi quotidiane.