Estinzione, fine del mondo, morte. Concetti difficili da digerire, lontani, ma comunque presenti nell’esistenza umana come possibilità. Ed è impossibile pensare che una volta conclusasi la vita sulla Terra, ci sia solamente il nulla e non un cambiamento, un inizio di vita per esempio su un altro pianeta. In quest’ottica, cosa rimarrà della nostra civiltà, a testimoniarne per esempio la creatività? Una risposta arriva dal progetto Last Pictures, condotto dall’artista Trevor Paglen, che avvalendosi della collaborazione di scienziati, antropologi e curatori d’arte ha selezionato cento immagini più rappresentative della Terra. Esse saranno lanciate in orbita all’infinito su un satellite artificiale, per far conoscere a eventuali abitanti e viaggiatori futuri, com’era la terra prima dell’estinzione.
Un progetto che ha il sapore della nostalgia mescolata ad uno sguardo futuristico sulla scienza e sul mondo. Il progetto non è stato poi tutto rose e fiori nella realizzazione. Fin dall’inizio si sono posti i problemi di quali fotografie scegliere e come non rovinarle durante la permanenza nello spazio. Per la scelta delle foto il criterio è stato quello di accorpare le immagini più belle della natura e dell’essenza specifica della terra. Ecosistemi, fiori, rocce, paesaggi naturali e fenomeni. C’è la tromba marina scatenatasi al largo dell’arcipelago delle Florida Keys, scattata dalla National Oceanic and Atmospheric Administration/Department of Commerce, oppure lo scatto delle famosissime Grotte di Lascaux, o ancora la foto di una violenta tempesta di sabbia che si abbatte sulle case di Stratford, in Texas. Fotografie che testimoniano la forza della natura ma anche la tenacia della civiltà, che costruisce roccaforti in grado di resistere alle intemperie, grazie alle scoperte della scienza e dell’ingegneria.
Ma come si può essere sicuri che le fotografie non subiranno i segni del tempo? Per fronteggiare queste questioni, l’artista si è avvalso della collaborazione con Brian Wardle, docente presso il Dipartimento di Aeronautica e Astronautica del Mit di Boston e direttore del Nano-Enginereed Composite aerospace Structures (Necst). Secondo Wardle, il pericolo principale è rappresentato dalla diffusione, il lentissimo movimento delle molecole che potrebbe portare al degradamento delle immagini.“Usando un solo materiale, il silicio, e trattandolo in modo particolare, le immagini dovrebbero resistere alla diffusione”, dichiara. Le foto saranno dunque incise su un disco di silicio e fissate all’interno di una capsula di alluminio. Infine le immagini saranno portate in orbita grazie ad un accordo con EchoStar Corporation, azienda statunitense che si occupa della manutenzione di satelliti usati per le telecomunicazioni. Il lancio è previsto per il prossimo 20 novembre quando EchoStar invierà il suo satellite dalla base Baikonur Cosmodrome del Kazakistan. Goodbye Earth!