Erano gli anni ’40 quando Percy Spencer, impiegato alla Raytheon, azienda statunitense per la difesa, studiando i sistemi radar si imbatté in una scoperta che avrebbe cambiato non le sorti della sicurezza americana, ma di tutte le casalinghe! Mettendo in funzione il magnetron (macchinario che produce microonde) di un radar, si rese conto che la barretta di cioccolato che aveva in tasca si era liquefatta: illuminato, capì che le radiazioni avevano ‘cotto’ il cioccolato, senza che lui avvertisse alcuna forma di calore. Di li a pochissimo, correva l’anno 1946, il primo forno a microonde fu brevettato, e l’anno successivo fu commercializzato il primo modello, della ‘comoda’ misura di 1,8 metri per tre quintali e mezzo di peso. Occorrerà aspettare gli anni Sessanta perché i forni assumano dimensioni simili a quelle attuali.
Già sull’origine del forno a microonde le leggende fioccano: una versione ne affida la paternità a degli scienziati tedeschi, che lo avrebbero sviluppato per supportare logisticamente l’esercito nell’invasione della Russia. Dopo la guerra i risultati vennero portati Oltreoceano (e implementati) ma anche nelle industrie dei russi, solo che questi ultimi si soffermarono particolarmente sugli effetti biologici delle radiazioni. Gli studi condotti produssero risultati spaventosi, tanto che la tecnologia a microonde venne bandita nell’ex Unione Sovietica fino al 1976.
Ma veniamo ad oggi: innanzitutto, come funziona un forno a microonde? Le microonde sono radiazioni elettromagnetiche, che vengono prodotte dal sopracitato magnetron, le quali agiscono ‘agitando’, cioè facendo oscillare le molecole di acqua presenti in ogni alimento (ma anche quelle di lipidi, zuccheri e proteine). Questa oscillazione provoca agitazione termica, ovvero un surriscaldamento: questo è il motivo per cui a volte i cibi risultano più caldi all’interno che all’esterno, ossia nel cuore (per esempio di una torta) c’è più liquido che nella parte di crosta. Ed è anche la ragione per cui non si possono cuocere a microonde alimenti in contenitori sigillati o le uova per esempio, perché le molecole d’acqua non sono libere di muoversi, e trasformandosi in vapore esercitano una pressione tale da far scoppiare l’elemento in forno.
La diffidenza nei confronti del microonde si basa sul dubbio che nutrirsi di cibi che sono stati pesantemente sottoposti alle radiazioni elettromagnetiche possa introdurre nel sangue sostanze deleterie, una sorta di scorie. Le quali provocherebbero le malattie più disparate, dal cancro alla sterilità, e comunque priverebbero gli alimenti di molte proprietà (un caso spesso citato è quello del latte, anche se per altri cibi pare che addirittura le virtù si conservino di più rispetto alla cottura tradizionale). D’altro canto c’è chi si affida completamente a questo tipo di forno, utilizzandolo anche per scaldare una tazza d’acqua, tanto più che gli apparecchi moderni (i cosiddetti combinati) aggiungono l’effetto grill attraverso un sistema di raggi infrarossi, altri ancora aggiungono le capacità di un forno normale, come la funzione ventilata. Manna dal cielo per molte casalinghe, spauracchio per altre: dove sta la verità?
Purtroppo una risposta certa non esiste. Da un lato le multinazionali e i loro scienziati delegati incitano a fidarsi, ma, se non siamo proprio nati sotto cavoli sappiamo bene che la loro buona fede è contaminata da scopi commerciali. Dall’altra però non si può nemmeno soccombere alle paure senza che vi siano dati certi, e in effetti dal punto di vista medico non ve ne sono. Il nome più spesso citato nell’eterna diatriba microonde sì/microonde no è quello del chimico svizzero Hans Hertel, che circa 15 anni fece l’esperimento di nutrire alcuni suoi pazienti con latte e verdure scaldate sempre con le radiazioni, giungendo alla conclusione che nel loro sangue si stavano formando cellule cancerogene. Lo studio tuttavia non fu mai pubblicato: perché? Ricerca di poco valore o tentativo di far tacere una verità scomoda?
Nel dubbio, in generale si consiglia di non rimanere troppo vicini al forno a microonde in funzione, e comunque per evitare dispersione eccessiva di radiazioni, gli apparecchi più moderni sono dotati di una schermatura metallica, e le quantità di emissioni sono regolamentate per legge.