Vivere sostenibile si può. Palazzi in cemento, grattacieli specchiati sono quanto di più lontano si possa immaginare dalla logica dell’ecovillaggio, una parola che, uscita dal vocabolario, inizia ad entrare nella bocca dei cittadini che credono nella possibilità di vivere in modo di migliore. Tante menti e tante anime unite da un comune denominatore: l’armonia. Come ottenerla? Semplice, facendo proprio uno stile di vita a basso impatto, avvolgendosi in una dimensione sostenibile in totale connessione con la Terra, un microcosmo in cui la vita scorre a ritmi lenti, tra la coltivazione di cibo, energia rinnovabile e tanto altro ma, il tutto in una dimensione sociale compatta dove ogni individuo è unico, speciale e indispensabile, là dove il valore umano è pieno di significato.
La rete di villaggi ecologici non è utopia, sono realtà concrete che, perlopiù, fanno capo alla rete internazionale GEN (Global Ecovillage Network), secondo la quale gli ecovillaggi si possono definire come comunità urbane o rurali di persone che cercano di integrare ambiente sociale solidale e stile di vita a basso impatto.
Attualmente, si contano a decine di ecovillaggi attivi e funzionanti disseminati sul territorio nazionale come Eva, l’Eco Villaggio Autocostruito della frazione di Pescomaggiore, un piccolo borgo sito alle porte del Parco Nazionale del Gran Sasso a pochi km da L’Aquila, una zona sensibile nel cratere sismico aquilano colpita e dilaniata dal terribile terremoto del 6 aprile del 2009 che ha devastato il borgo portando alla morte di 307 persone e dando seguito ad un progressivo ma intenso spopolamento: dalla forza e la voglia di andare avanti e non abbandonare le proprie origini di alcuni terremotati abruzzesi è nato un progetto innovativo e ambizioso.
“Ricostruire l’Aquila è un’impresa che non può essere separata dalla ricostruzione del suo contado, come sono la stessa cosa il fiume e la sorgente da cui trae origine”, spiega lo storico Alessandro Clementi.
Come si legge sul sito ufficiale “Non resta che restare e resistere. Qui a Pesco ci si prova. Nella ferma anzi cocciutissima convinzione che i piccoli borghi terremotati e non solo, possono tornare a vivere, ripopolarsi e prosperare”. Rimboccandosi le maniche piano, piano, sudore dopo sudore e coordinati dagli architetti Paolo Robazza e Fabrizio Savini del BAG studio mobile, cittadini pronti a cogliere la sfida lanciata da madre natura hanno messo in cantiere questo villaggio autocostruito e autofinanziato e, grazie all’aiuto di un esperto di bioarchitettura, Caleb Murray Burdeau, sono nate cinque abitazioni, bilocali e trilocali edificati nel totale rispetto delle vigenti norme anti-sismiche ed edilizie, gli unici in Abruzzo, i pochi in Italia a servirsi di balle di paglia, una tecnica costruttiva dalla duplice funzionalità in quanto, se da un lato permette di assorbire il calore del sole per rilasciarlo gradualmente, dall’altro crea un isolamento acustico sensazionale.
Qui tutto è perfettamente studiato, nulla è lasciato al caso: pochi elementi basilari riportano indietro nel tempo, quando si viveva con poco e si sorrideva per piccole cose, per un raggio di sole, per lo sbocciare di un fiore: come diceva Georges Bernanos “Le piccole cose hanno l’aria di nulla, ma ci danno la pace”.
Per garantire un basso impatto ambientale sono stati installati impianti fotovoltaici e un impianto di fitodepurazione e di compostiere in grado di trasformare i rifiuti organici in fertilizzante per gli orti irrigati anche grazie all’incanalamento dell’acqua piovana e, dulcis in fundo un orto sinergico per l’auto-sussistenza del villaggio EVA.
Un progetto che funziona e insegna che è possibile costruire case economiche ed ecologiche servendosi di materiale naturale e reperibile sul posto e che bisogna lottare per quel che si ama, la solidarietà e l’auto motivazione riaccendono quella speranza e quella voglia che batte nei cuori dei pescolani di riprendersi il loro paese.