È soprannominata la
sacerdotessa del rock, di cui è un’icona assoluta oltre che
una dei grandi protagonisti da più di trent’anni, almeno a
partire dal suo celeberrimo album di debutto del 1975, quell’Horses
che rimane una vera e propria
pietra miliare della musica fin dal suo ritratto firmato Robert
Mapplethorpe che campeggiava in
copertina.
Un concerto di Patti Smith, che suonerà domani
all’Auditorium di Roma, dopo le date di Barolo, Bologna, Molfetta,
Giffoni e prima di quelle a Gardone Riviera, Milano, Perugia e
Arezzo, è quindi sempre un evento. Anche perché proprio
con l’Italia la cantante e poetessa americana sembra avere un
rapporto speciale, stando anche alle sue recenti dichiarazioni di
ammirazione per l’arte di Piero della Francesca, il pensiero di San
Francesco o, fatte le debite distinzioni, per una figura come quella
di Giorgio Gaber e per la sua recente commozione per le vittime del terremoto dell’Emilia o davanti al monumento dedicato a Ustica. Ma anche per via dei due storici concerti del
settembre 1979 tenuti a Bologna e Firenze, dove riceve un’accoglienza
per lei assolutamente inedita anche in Usa e che rappresentano per il
nostro paese la fine di un’epoca in cui le grandi star del rock
disertavano l’Italia per paura delle violente contestazioni del
pubblico (come avvenuto con Led Zeppelin o Santana). Un motivo in più
per godersi dal vivo brani entrati nel mito come Because
the Night, People
Have the Power o Rock
N Roll Nigger.