Le settimane precedenti la morte di Whitney Houston sono state le più difficili della vita della cantante, scomparsa l’11 febbraio scorso in un hotel di Beverly Hills. A rivelarlo, secondo quanto riporta il ‘Sunday Mirror’, è stato Raffles van Exel, consulente della star, che ha spiegato che nessuno degli amici e dei parenti dell’artista erano a conoscenza della sua dipendenza dall’alcol e dalla droga. La cantante ha fatto il possibile per far credere a tutti di essersi completamente disintossicata, quando invece sono stati proprio quegli eccessi a portarla alla morte. La mancata condivisione con gli altri del suo dramma interiore l’avrebbe quindi portata all’autodistruzione, legando indissolubilmente il suo destino a quello di altri celebri artisti scomparsi nello stesso modo, prima fra tutte Amy Winehouse.
“Quando ho saputo della sua morte – ha detto van Exel – ho pensato che ci aveva ingannati tutti, perché né io né i suoi familiari potevamo immaginare una cosa del genere”. Il consulente ha, inoltre, rivelato che probabilmente la Houston era cosciente che qualcosa di terribile sarebbe accaduto: “Andava in giro con una Bibbia – ha spiegato – e la leggeva continuamente e in ogni luogo. Inoltre, ci diceva che avrebbe presto lasciato l’America, e noi pensavamo che volesse trasferirsi in Svizzera, ma poi abbiamo capito: intendeva lasciare questo mondo”.
(LaPresse)