La mostra in corso presso il PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ‘Il metodo Abramovic’ ha messo in subbuglio tutti, davvero tutti, gli amanti e addetti ai lavori dell’arte contemporanea. L’esposizione, curata da Diego Sileo ed Eugenio Viola, nasce da un opening stipato di gente tenutosi il 21 marzo, e vedrà il finissage il 10 giugno, ma Marina Abramovic, regina incontrastata dell’arte performativa, continua ad arricchire l’esposizione
E’ proprio in occasione dell’ultimo lavoro della Abramovic per il PAC (il primo dopo la grande mostra al Moma di New York del 2010) che la Fondazione Furla ha annunciato una nuova collaborazione con l’artista, presentando un film-documentario diretto da Giada Colagrande.
La pellicola nasce per aggiungere quel ‘qualcosa in più’ alla mostra milanese, in cui l’artista ha voluto esplorare il potere di trasformazione dell’arte performativa e l’importanza del rapporto con il pubblico. Il film vuole essere una documentazione di come il progetto è nato, si è svolto e segue la trasformazione dei partecipanti che nasce dalla relazione con l’artista stessa. “Siamo felici di aver dato il nostro contributo alla realizzazione di questo progetto, perché molto legati a Marina, artista straordinaria e di grandissima qualità umana,e certi che la grande sensibilità di una regista come Giada Colagrande renderà il Metodo Abramovic fruibile ad un ampio numero di persone e le inviterà a riflettere.” Ha dichiarato Giovanna Furlanetto Presidente di Furla e della Fondazione.
Non è la prima volta che Furla e Marina Abramovic si incontrano: già nel 2009 l’artista fu madrina del Premio Furla da lei intitolato The spirit in any condition does not burn.
Il tema del rapporto con il pubblico non è certo una novità per l’artista serba. Quasi sempre le sue perfomance sono atte a destare non solo forti emozioni in che le segue, ma arrivano a provocare reazioni che portano il pubblico ad interagire. Spesso crude, al limite della sopportazione, le sue perfomance scatenano comportamenti incredibili e quasi animaleschi, da chi cerca di proteggerla dai suoi atti di autolesionismo, a chi le infligge dolore. Erano gli anni settanta quando a Napoli scoppiarono addirittura tafferugli nel museo in cui la Abramovic stesa su un tavolo, lasciò che il pubblico usasse strumenti di tortura e dolore sul suo corpo inerme: quando qualcuno le mise in mano una pistola e un dito sul grilletto, scoppiò il caos.
Un’artista che ha fatto del rapporto corpo/mente/arte/pubblico un tutt’uno, sperimentando ed esplorando come pochi artisti dell’epoca moderna hanno saputo fare. E la Fondazione Furla ha deciso di seguire passo passo le sue ultime performance, forse meno provocatorie di quelle degli esordi ma senz’altro altrettanto coinvolgenti. La passione di Furla per l’arte comincia dal lontano 2000, dalla decisione di Giovanna Furlanetto, presidente della nota azienda di borse, di creare un premio per giovani artisti in collaborazione con la Fondazione Querini Stampalia di Venezia.
Da allora il Premio Furla, il più autorevole e longevo della sua specie, è diventato un punto di riferimento per tutto il sistema dell’arte: molti artisti affermati sono passati tra le sue selezioni e gli esiti del concorso vengono attesi con grande interesse dal pubblico e dagli esperti del settore.