A partire dal 2005, il 17 maggio di ogni anno è la Giornata Internazionale Contro l’Omofobia e la Transfobia. Promossa dall’Unione Europea, celebra una ricorrenza importante, ossia la rimozione dell’omosessualità dalla lista delle malattie mentali classificate dall’Organizzazione Mondiale dalla Sanità, avvenuta nel 1990.
Il testo approvato dall’Europarlamento in favore della commemorazione ribadisce che ”condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli”.
Rileggete l’ultima frase e pensate a Giovanardi. C’è solo l’imbarazzo della scelta tra ‘L’olocausto dei gay non c’è mai stato’, vedere due donne che si baciano è come ‘vedere qualcuno che fa pipì per strada’, ‘Il bunga-bunga va bene, purché sia tra uomo e donna’, per concludere con il gran finale sulle adozioni di bambini da parte delle coppie gay che ‘alimenta la compravendita di bambini’. Ma potremmo continuare con Rocco Buttiglione, che vede l’omosessualità moralmente sbagliata ‘come non pagare le tasse’. O Daniela Santanché, ‘certa che tutti i genitori italiani sperano di avere figli eterosessuali’. Fino a Calderoli, che pensa che ‘essere culattoni è un peccato capitale e, pertanto, chi riconosce per legge una cosa del genere è destinato alle fiamme dell’inferno’.
Esempi sufficienti, ma potremmo continuare fino a stilare un’enciclopedia, per capire quanto l’Italia sia ancora allo stadio germinale della questione omofobia. Per fortuna qualcosa si muove, e difatti l’attuale ministro dell’Istruzione Francesco Profumo ha fatto circolare una direttiva alle scuole invitando i presidi a celebrare la giornata contro l’omofobia.
In occasione della ricorrenza, l’Arcigay ha realizzato, grazie ai fondi del 5×1000, una campagna di informazione intitolata ‘Io denuncio’, strettamente legata al tema di quest’anno: il bullismo. Nonostante ciò che pensano ancora molti italiani, in primis i loro rappresentanti politici e religiosi, le discriminazioni di gay, lesbiche, trasgender non riguardano una minoranza, ma i diritti umani e la loro tutela in uno stato che si definisce ‘moderno’.
Sono ancora 78 i paesi in cui l’omosessualità viene criminalizzata, addirittura punita con la pena capitale in Iran, in Arabia Saudita, in Mauritania, in Sudan, tra i tanti. In Europa i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono consentite in Olanda (pioniera già dal 2001), in Belgio, in Spagna, Svezia, Islanda e Portogallo. Unioni civili in diverse forme sono possibili in Francia, Danimarca, Regno Unito, Lussemburgo, Repubblica ceca, Slovenia, Ungheria, Austria e Irlanda. A livello mondiale, l’ultimo paese che ha legalizzato le unioni gay è l’Argentina.
Argomento ‘scottante’ al riguardo è l’adozione di bambini da parte di coppie gay: in Europa solo Paesi Bassi, Gran Bretagna, Svezia, Spagna, Danimarca e Belgio approvano. In Italia non sono solo i politici di destra a negarne la possibilità, ma anche diversi esponenti di centro e di sinistra, da Rutelli a D’Alema (che anzi, dichiara di essere contro i matrimoni omosessuali perché ‘il fondamento della famiglia sono un uomo e una donna’), passando per Fassino, Rosy Bindi (‘E’ meglio che un bambino stia in Africa con la sua tribù, piuttosto che cresca con due uomini o due donne, con genitori gay’).
Se in Svezia certe affermazioni sarebbero addirittura punite per legge, in Italia ancora ci si può permettere di fomentare l’omofobia a suon di pregiudizi. Eppure anziché considerare una malattia, una deviazione, l’omosessualità forse sarebbe il caso di chiedersi se includere nei casi clinici l’omofobia, ovvero la paura irrazionale dei gay. In Italia politici di destra, sinistra, rappresentanti religiosi continuano ad usare lo spauracchio della famiglia tradizionale che sarebbe minacciata dalle famiglie omosessuali. Ma quando mai, da che mondo è mondo, garantire diritti a qualcuno ne toglie a qualcun altro?