E’ Steve Jobs il più grande imprenditore del nostro tempo. Seguito da Bill Gates. Alla faccia dei colpi di scena. E tra i primi posti poi chi altro può esserci se non Mark Zuckerberg?
La classifica stilata da Fortune Magazine sui 12 imprenditori più importanti degli anni odierni non punta certo a sorprendere, anzi conferma i nomi ovvi dell’era digitale, praticamente tutti gli amministratori delegati e CEO dei grandi imperi mediatici, o coloro che sulla tecnologia hanno basato la loro fortuna. Fed Smith di Fed Ex, Larry Page di Google, Jeff Bezos di Amazon. Niente di strano, ormai sono loro i nuovi potenti dell’economia mondiale. Ma ci sono anche altri tipi di imprenditori, come Sam Walton di Wal Mart, Howard Schultz di Starbucks. E niente di sorprendente anche sulla totale assenza di donne, d’altronde il mondo gira così no?
Sebbene i dati dimostrino che le imprenditrici asiatiche stiano diventando a poco a poco sempre più numerose, ricche e potenti, non ne compare una nella lista. Tra i miliardari della Terra (secondo Forbes), molte delle prime posizioni erano occupate da imprenditrici cinesi. E nell’economia globale, sempre di più sono le donne che si lanciano in progetti visionari e di successo, come Leah Busque fondatrice di Task Rabbit, un’applicazione per smartphone che è diventata un impero a sé stante. Sempre più donne hanno posti di rilievo nell’imprenditoria, come Indra Nooyi, amministratore delegato Pepsi e fondatrice del Forum Economico Mondiale. O perché no, Jill Abramson, che non avrà inventato il New York Times, ma ne è diventata la prima direttrice. O ancora, Gina Bianchini, fondatrice di Mighty Software; Anita Roddick che ha dato vita all’impero cosmetico The Body Shop.
Ma gli imprenditori della classifica di Fortune Magazine sono ‘sognatori e concreti’, spiega John Byrne, sono visionari, mentre le donne imprenditrici non hanno cambiato il modo di fare business. Sarà una valida spiegazione o semplicemente un modo di perpetrare lo status quo?
La discussione sull’assenza di donne nei ruoli importanti delle aziende e delle multinazionali si sta facendo sempre più frequente, ma nonostante qualche passo avanti si faccia, ce ne sono sempre altrettanti all’indietro. Forse anche le ‘classifiche ufficiali’, per quanto prive di effettivo valore, dovrebbero cominciare a promuovere e premiare le idee e i benefici che apportano le donne della new economy, soprattutto nell’ottica di una campagna elettorale statunitense che si combatte molto sul fronte delle questioni femminili.
Un esempio su tutte, Sheryl Sandberg, politica e imprenditrice statunitense entrata a Google quando ancora il motore di ricerca era agli esordi. Ella convinse il provider America Online a trasformare Google nel suo motore di ricerca, creò il sistema AdSense, ma non raggiunse mai ruoli di rilievo nella società. Poi conobbe Mark Zuckerberg, il celebre fodatore di Facebook, e si trasferì nella neonata azienda di Palo Alto fino a diventarne direttrice operativa, e portando con sé nella nuova avventura molti ex colleghi. E il resto è storia contemporanea, ma quanto è nota Sheryl Sandberg? Non è forse stata anche lei coraggiosa, sognatrice, visionaria? Non ha forse cambiato il modo di fare business, o contribuito a cambiarlo? Evidentemente è il solito discorso, una donna per venire apprezzata deve fare il doppio di fatica rispetto ad un uomo. E non è un luogo comune.
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