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La fine del mondo secondo Lars Von Trier

“Melancholia”, la pellicola che uscirà nelle sale italiane il 21 ottobre è esempio massimo della poetica di Lars Von Trier

Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg

Quando si parla di fine del mondo si immaginano scenari catastrofici, urla, confusione e tanto panico. Ma non quando a parlarne è Lars Von Trier. Il suo tocco nordico descrive anche le cose più crudeli senza scadere nello schiamazzo. “Melancholia”, la pellicola che uscirà nelle sale italiane il 21 ottobre – con BIM Distribuzione – è esempio massimo della poetica del regista, capace di rimanere sempre fedele a sé stesso e, allo stesso tempo, di rinnovarsi ogni volta, avendo ormai abbandonato le ristrettezze di quel “voto di castità” che era il “Dogma 95”.

La trama del film non indica niente: due sposi novelli che festeggiano e che vedono la loro felicità frantumarsi all’arrivo di un pianeta che distruggerà il mondo, è solo un pretesto per raccontare molto altro. Lars Von Trier è un uomo complesso, è così sono i suoi film, in cui lui si mette e a nudo e racconta le sue angosce. Da un lato ci sono le paure di tutti, l’orrore per una fine senza senso del pianeta terra, e dall’altro c’è l’incapacità di vivere in maniera serena, ma in una costante, lenta malinconia.

Kirsten Dunst, chiaro alter ego del regista, è la novella sposa, che cerca di essere come tutti gli altri, che vuole che il suo matrimonio la salvi da se stessa, ma che non riesce a sfuggire alla sua incapacità di vivere, alle sue paure, mentre la sorella, interpretata da  Charlotte Gainsbourg è il suo opposto, attiva ed amante della vita. L’essenza delle due diventa evidente con la consapevolezza che tutto finirà e se la prima trova una pacificazione, un’accettazione triste e non disperata, la seconda sentirà che le vengono meno le forze, che le sue braccia non sono abbastanza grandi per salvare tutte le persone che ama. Il tutto è struggente, un nodo alla gola, intenso come nelle opere di Visconti, a cui il regista ha dichiarato di volersi ispirare.

Gli attori interpretano magistralmente i loro ruoli, diventando così veri da fare male. Se l’intento del regista era quello di esplorare il mondo dello Sturm und Drang, come dichiarato, l’esperimento è riuscito in pieno, ed è così che ci portiamo a casa un po’ di malinconia, senza lacrime disperate, ma con una tristezza benefica.

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