Ci sono piccole storie che nessuno racconta mai, ma che rimangono come perle preziose nascoste nell’ostrica. Ogni tanto, poi qualcuno le scopre e decide di regalarle al mondo. È così che nasce “Le donne del sesto piano”, la favola un po’ nostalgica di Philippe Le Guay. Il mondo delle cameriere spagnole, che vivono nelle "chambres des femmes", negli anni Sessanta, in un universo parallelo, è un terreno facile, perché si capisce subito che nasconde umanità e possibilità comiche illimitate, nonostante il rischio della macchietta esotica, che però non sfiora mai la pellicola. La storia scivola via dolcemente, con un ritmo da commedia sostenuto ed una grande profondità.
Come sempre Fabrice Luchini si mostra all’altezza ed interpreta Jean-Louis, un personaggio trattenuto, incastrato nelle dinamiche borghesi, accanto ad una moglie (Sandrine Kiberlain) che lo ama, ma anch’essa bloccata nelle convenzioni. Pian piano il protagonista scopre un altro mondo e se ne innamora, salendo di qualche piano incontra le sei domestiche spagnole, tra cui la bella Maria (Natalia Verbeke) e la protettiva Concepcion (la grande Carmen Maura) e si spoglia per la prima volta dai cliché che lo rendevano inconsapevolmente infelice.
La sinergia tra i personaggi, l’aria allegra e la storia toccante fanno del film una pellicola leggera e profonda allo stesso tempo, capace di parlarci di una realtà difficile ma in cui la bellezza dell’essere umano travolge. Non ci sono buoni o cattivi, non ci sono lotte di classe, solo sei donne passionali, che cantano rifacendo i letti, e un uomo grigio che scopre il loro colore.
Tutto si riassume in una frase:“Queste donne vivono sopra le nostre teste e non sappiamo nulla di loro” e allora la scoperta e la capacità di guardare oltre gli schemi diventano un viaggio verso l’altro, presupposto per un bel lieto fine