L’arte utilizzata come ricerca sociologica ed antropologica, il cui scopo è solo quello di svelare, senza fermarsi davanti ai limiti del mezzo artistico. È così che lavora da sempre Taryn Simon, andando a caccia del remoto, entrando in posti inaccessibili, facendoci vedere realtà difficili e trovando l’arte nei luoghi più impensati.
Il modo in cui la Simon lavora è diretto, la fotografia ci restituisce il suo viaggio fisico e mentale, le parole i suoi pensieri. Presso la Tate Modern di Londra una mostra personale presenta gli ultimi lavori dell’artista, tutti basati sul concetto di territorio, potere e religione, creando un insieme complesso e coinvolgente. Dalle faide brasiliane alle vittime del genocidio in Bosnia, l’artista non si ferma davanti all’orrore, che trova anche nella civilizzata America, senza smettere di indagare e far riflettere.
Figlia del fotografo istituzionale del Ministero degli Esteri americano, Taryn Simon ne ha acquisito la capacità di riuscire ad entrare in luoghi inaccessibili; mentre il primo fotografava le città sovietiche durante la Grande Guerra, il Vietnam, l’Iran e l’Afghanistan, la seconda è entrata nei bracci della morte, nel quartier generale della C.I.A., nelle aree di quarantena, negli arsenali e nelle centrali nucleari. Si scoprono masse di cibo abbandonato nei magazzini dell’aeroporto JFK, gallerie d’arte nel quartier generale della C.I.A., coltivazioni di marijuana legali nel bel mezzo dell’America.
Ma questo è solo parte di un viaggio più lungo, quello che l’artista compie perennemente, immortalando istanti e luoghi e regalandoli a noi, in modo da svelarci la complessità del mondo e tutte le sue contraddizioni.
Dal 25 maggio al 6 novembre 2011
Tate Modern
Bankside, London SE1 9TG
Ingresso libero
Da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 18.00
Venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.00
Per ulteriori informazioni:
www.tate.org.uk