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Lars Von Trier: dichiarazioni shock a Cannes

Il regista danese ha presentato al Festival del Cinema di Cannes il suo thriller apocalittico Melancholia, ma sono state le sue dichiarazioni sulle simpatie naziste a mettere in subbuglio l’intera Croisette

Lars Von Trier, Charlotte Gainsbourg, Kirsten Dunst
AP

Lars Von Trier non è nuovo alle provocazioni: shock e sgomento sono spesso le sensazioni che trasmettono i suoi film, ma ieri a Cannes e al mondo intero il regista danese ha davvero fatto accapponare la pelle. Durante la conferenza stampa del suo attesissimo Melancholia, Von Trier si è lasciato andare a dichiarazioni decisamente infelici, al limite del delirio esprimendo una sorta di simpatia e comprensione verso Hitler e affibbiando un’etichetta offensiva a Israele. Apriti cielo. E’ fresco di stamane, 19 maggio, il comunicato del festival che dichiara Von Trier ‘persona non gradita’ alla kermesse.

Dopo un film come Antichrist (2009) è difficile non pensare a Lars Von Trier come un amante dell’eccesso, della comunicazione attraverso ‘mezzi pesanti’, dello schiaffare in faccia al pubblico immagini e concetti difficili da digerire. Una sorta di provocazione concessagli come licenza artistica, di cui ieri sera ha fatto sfoggio per poi ritornare sui suoi passi, resosi conto di aver davvero superato il limite. La rettifica è arrivata veloce come un fulmine, e con un comunicato stampa il regista ha cercato di smorzare gli animi inferociti, sottolineando come si sia lasciato trascinare dalla voglia di provocare e come egli intendesse esprimere comprensione umana verso Hitler (quando si dice ‘gettare benzina sul fuoco’): il concetto di malvagità umana d’altronde è spesso presente nelle sue pellicole, basti pensare a Dogville. Tuttavia le scuse non sono bastate, e il provvedimento non si è fatto attendere.

E se il manifesto Dogma95 mirava a purificare il grande schermo dalla ‘cancrena’ degli effetti speciali, ritornando ad un cinema ‘casto’ e ‘puro’, di sicuro il regista non si è fatto problemi a purificare sé stesso dalle inibizioni e dai filtri che impediscono a personaggi di spicco di fare sparate colossali. Ma la provocazione lascia il tempo che trova, anzi in questo caso il delirio di un uomo che si è incastrato da solo in esternazioni che hanno fatto impallidire il mondo intero. Il nazismo rimane un tabù su cui fare illazioni può e deve costare caro, nonostante le libertà artistiche che si crede di potersi prendere: non può non tornare alla mente John Galliano e la sua stroncatura da Dior per aver aggredito verbalmente una coppia con epiteti antisemiti.

Ma tornando a Von Trier – regista, l’autodisciplina e il rigore hanno sempre contraddistinto le sue opere, concetti che non è riuscito a imporre a sé stesso in questa occasione. Figlio di una coppia  a dir poco libertina (ma la madre gli rivelerà in punto di morte che il suo vero padre era un altro), di atei comunisti nudisti, il piccolo Lars vive senza autorità, andando a cercarla da solo durante la crescita e soprattutto applicandola ai film, l’amore della sua vita a partire dall’infanzia. Nasce il manifesto Dogma95, firmato in collaborazione con il regista Thomas Vintemberg, corrente che senza dubbio risolleva le sorti del cinema danese.

Melancholia, un thriller apocalittico interpretato da Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg  è in gara per la Palma d’Oro, ma il regista danese ha già vinto il festival nel 2000 con Dancer in the Dark, per cui la standing ovation della sala passò alla storia della kermesse. Oggi la standing ovation potrebbe essere d’indignazione, chissà se la giuria riuscirà a dimenticare le sue frasi ad effetto e giudicare il film per quello che merita, ancora in gara nonostante il bando del suo regista dalla Croisette.

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