Dopo i premi “scientifici” e quello per la letteratura – andato ad un titano dell’America Latina, Mario Vargas Llosa, da anni tra i “papabili” per l’ambito riconoscimento – stamattina ad Oslo è stato annunciato il premio Nobel forse più atteso in tutto il mondo, quello per la Pace. E come ogni anno, il comitato del Nobel dovrà fare i conti con il polverone sollevato dalla sua scelta, ancora una volta controversa.
Ad essere premiato è stato infatti Liu Xiaobo, scrittore cinese ma soprattutto da più di vent’anni strenuo oppositore al regime di Pechino e in particolare alle sistematiche violazioni dei diritti umani da quest’ultimo perpetrate. Già nei giorni precedenti il suo nome circolava tra gli addetti ai lavori e i giornalisti, e in vista di questa possibilità il governo di Pechino aveva fatto sentire le sue pressioni per impedire che un premio del genere accendesse i riflettori su una delle contraddizioni più evidenti del gigante asiatico: ad una travolgente ascesa sul piano economico, infatti, non è corrisposta un’accettabile diffusione dei principi democratici e oggi la Cina si trova, secondo la motivazione addotta dal comitato del Nobel, a dover affrontare “maggiori responsabilità nella scena internazionale, che riguarda anche i diritti politici”.
Liu Xiabao era in piazza Tienanmen a protestare con altri studenti nel lontano 1989, e come tanti altri ha scontato le sue idee con una crescente limitazione della sua libertà personale. Il suo valore di scrittore è stato confermato dalla presidenza del PEN Club Internazionale, la più antica organizzazione internazionale di scrittori con lo scopo di promuovere l’amicizia e lo scambio di idee tra scrittori di tutto il mondo, ma soprattutto è stato firmatario della Charta 08, un manifesto pubblicato il 10 dicembre del 2008, in occasione del 60^ anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: assieme ad altri 300 intellettuali e attivisti cinesi, Liu Xiaobao si appellava alla libertà di espressione, al rispetto dei diritti umani e chiedeva anche per il suo paese la possibilità di avere libere elezioni. Per quell’atto, il dissidente cinese sta scontando una condanna ad undici anni di carcere: è in carcere che riceverà la notizia del Nobel, mentre da alcune indiscrezioni già diffuse su Twitter pare che la moglie abbia ricevuto immediatamente dopo l’annuncio del premio la visita della polizia cinese.
Dopo il premio dello scorso anno, alla “buona volontà” del presidente USA Barack Obama, il comitato per il Nobel ha scelto dunque di premiare una vita spesa a favore della promozione della libertà e della conoscenza: se l’anno scorso le critiche di tutto il mondo avevano avuto come argomento il fatto che Obama fosse ancora una “scommessa” per la pace, tutta da verificare, non c’è niente da verificare nelle attività di Liu Xiaobao. Verosimilmente, gli attacchi più aggressivi contro Oslo arriveranno dal regime cinese – e questo è abbastanza scontato – ma forse anche dai tanti che pur di agganciare l’inarrestabile locomotiva economica cinese sono disposti a chiudere un occhio sul dogma dell'”esportazione della democrazia”. Qualcosa di già visto, peraltro, in occasione delle Olimpiadi di Pechino del 2008.