Ci sono tante opinioni sui corpi femminili segnati dalla passione per il body building. Sicuramente eccentrici rispetto ai canoni più classici, curve morbide e silhouette levigate, i corpi muscolosi delle body builder rivelano le stesse cure e la stessa lotta per la perfezione fisica di quelli delle modelle. Sono scelte fatte da donne che decidono di modellare il proprio corpo per avvicinarlo al loro personale canone di bellezza.
Una scelta che però a volte può scontrarsi con le incomprensioni di familiari, amici, o di un’intera cultura. La body builder semi professionista Farah Malhass ha sperimentato ogni tipo di ostacolo pur di realizzare il suo sogno di diventare una professionista e di vedere i suoi poster appesi sulle pareti delle palestre.
Ventisei anni, nata in Giordania da una famiglia piuttosto facoltosa, Farah sogna dall’età di quattordici anni di scolpire il suo corpo in palestra. Un corpo che per lei è la principale interfaccia con il resto del mondo, e che ha cominciato a tatuare a partire dai 17 anni. “I tatuaggi sono vitali per me” – dichiara in un’intervista al quotidiano canadese “Vancouver Sun” – “rivelano la mia identità e il percorso che voglio seguire. Sì, fanno male, ma al tempo stesso sono terapeutici, perché il dolore mi consente di superare le sofferenze interiori che mi divorano”.
Andata via di casa a 20 anni per seguire il suo sogno, Farah è stata ferocemente criticata in patria per una passione vista come “vergognosa” per una donna. I primi ad ostacolarla sono stati i familiari, che non capivano perché volesse deformare il suo corpo e diventare brutta. Poi anche i giornali si sono accorti di questa ribelle, che continua a lottare con la Federazione Giordana di Body Building per avere un riconoscimento ufficiale. “Non ti vergogni di sfilare davanti a tutti in bikini?”, si è sentita chiedere più volte.
Dopo aver studiato per qualche tempo arte a Londra, Farah è tornata in Giordania, dove ha collaborato con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, occupandosi in particolare di progetti con i rifugiati iracheni, “un’esperienza” – afferma – “che mi ha lasciato profonde cicatrici con storie di torture e abusi”.
Adesso ha deciso di dedicarsi a tempo pieno al suo sogno, contro tutto e tutti: a settembre parteciperà in Canada ad una competizione amatoriale di body building nella categoria dedicata agli atleti che non mirano ad acquisire bicipiti enormi. Se dovesse vincere il primo premio, potrà partecipare alle competizioni internazionali ufficiali. Un sogno che le costa ancora immensi sacrifici, per reperire i soldi necessari all’allenamento e gli sponsor che continuano a mancare. Ma Farah è determinata: con i suoi lunghi capelli scuri, gli scintillanti occhi di carbone e i suoi tatuaggi, ha tutti i numeri per finire, come sognava da ragazzina, sulle pareti di tutte le palestre del mondo