Firenze a l’arte. Anzi, Firenze e la storia dell’arte, un binomio quasi indissolubile nell’immaginario collettivo legato al capoluogo toscano. Patria dei padri della lingua italiana, incubatrice dei capolavori fondamentali della nostra letteratura, Firenze è uno scrigno traboccante dei tesori del nostro Rinascimento, un tesoro ancora oggi punto di riferimento per turisti, letterati, appassionati di arte e girovaghi vari da tutto il mondo.
Firenze però è anche altro. Non solo cupole e mosaici, non solo Madonne e statue, musei e cimiteri monumentali. E’ una città attraversata da mille rivoli che scorrono sottotraccia, alimentando una cultura underground vivace e creativa, radicata profondamente soprattutto nell’Oltrarno fiorentino, uno dei quartieri più autentici della città che mai ha smesso di pulsare.
“D’altronde Oltrarno” è la formula semplice e intuitiva ideata per raggruppare una serie di eventi che hanno animato la Notte Bianca fiorentina lo scorso 30 aprile, nell’ambito della formula-invito ribadita dal sindaco Renzi dell’ “Insonnia creativa” che, nelle parole del sindaco, vuole “essere l’occasione per dimostrare che Firenze è una città profondamente viva e attenta alla cultura, non solo quella, immensa, che eredita dal suo passato, ma anche quella nuova, che vogliamo costruire noi”.
Tra gli eventi che hanno animato l’insonnia creativa della Notte Bianca fiorentina, si è distinta la performance “Trank-wylly, c’è Arte”, progetto nato da un’idea dell’artista Giacomo Salizzoni. Nei locali dello Spazio Etrarte, nuova fucina artistica con sede in Via dei Serragli, gli artisti Tarik Berber e Giambaccio, due tra i più promettenti giovani talenti d’Oltrarno, hanno dato vita a un’installazione di pittura iper-realista tridimensionale.
Un’esperienza unica, in cui il pubblico viene chiamato a superare e mettere tra parentesi i confini che lo separano dall’opera d’arte non attraverso la riflessione razionale o l’intuizione sublime, ma più semplicemente – e sono sempre le idee semplici quelle più innovative – entrando a far parte dell’opera d’arte. L’esperienza proposta dai due artisti è “live” nel senso pieno del termine: i visitatori stessi entrano a far parte di un dipinto animato, un vero e proprio set tridimensionale reale. Con il corpo e i vestiti cosparsi di vigorose pennellate di colore acrilico, i protagonisti (è proprio il caso di dirlo) di quest’evento sperimentano sulla loro pelle uno slittamento percettivo su come viviamo e interpretiamo le interazioni dell’uomo con lo spazio. Un’incredibile simulazione, che trasforma il visitatore in manufatto artistico vivente, vera e propria personificazione della maschera di se stessi vista attraverso il linguaggio interpretativo dell’artista.
D’altronde dove, se non il Oltrarno, poteva accadere qualcosa di simile?