Questo 8 marzo non poteva riservare un vincitore migliore, anzi una vincitrice: il premio per il miglior film e la miglior regia dell’anno è andato a “The Hurt Locker” di Kathryn Bigelow, prima donna nella storia a ricevere l’Oscar. La Bigelow prende tutto, strappando il doppio dei riconoscimenti rispetto a quelli riservati al più gettonato “Avatar” di James Cameron: la superstar della serata, nonché ex-marito della Bigelow, ottiene solo tre statuette minori, rispettivamente alla miglior scenografia, agli effetti speciali e alla fotografia.
Quest’ultimo premio si deve ad un talento italiano, il calabrese Mauro Fiore, che ringrazia il suo paese d’origine salendo sul palco al grido di “Viva l’Italia”. L’altro protagonista nostrano è Michael Giacchino: l’italo-americano vince con la miglior colonna sonora di “Up”, il cartoon Disney che porta a casa al tempo stesso anche l’Oscar come miglior film d’animazione. Giacchino riesce finalmente a trionfare, dopo la nomination andata a vuoto nel 2008, con la colonna sonora di un altro cartoon d’eccezione come “Ratatouille”.
Il premio al miglior interprete maschile spetta invece a Jeff Bridges, protagonista di “Crazy Heart” e già vincitore del Golden Globe. Come lui, raddoppiano altri tre vincitori: Sandra Bullock, come miglior attrice in “The Blind side”; Mo’Nique in “Precious”, insieme a Cristoph Waltz in “Bastardi senza gloria”, entrambi vincitori dei globi d’oro come migliori interpreti non protagonisti. Tarantino resta invece a bocca asciutta: a parte la statuetta ritirata da Waltz, la pellicola inizialmente candidata a ben sette nomination, non riesce a “scucire” nient’altro.
Tra gli altri premi, il miglior film straniero è andato alla pellicola argentina “El secreto de sus ojos” di Juan Josè Campanella, un appassionante noir ispirato al romanzo “La pregunta de sus ojos”, scritto dal connazionale Eduardo Sacher; “The Cove” si è invece aggiudicato il titolo di miglior documentario, grazie ad un’inchiesta attualissima sul massacro dei delfini in Giappone, realizzata a quattro mani da Louie Psihoyos e Fisher Stevens.
Hollywood non finisce di stupire e in questa edizione 2010 sembra voler scommettere su Davide, ignorando Golia: deluse le aspettative di Tarantino e Cameron, rimangono con un pugno di mosche anche Meryl Streep e Helen Mirren, entrambe candidate come miglior attrici protagoniste, rispettivamente per “Julie & Julia” e “The Last Station”; non è andata meglio a Clint Eastwood, che ha bucato anche l’unica nomination di Morgan Freeman, il sosia di Nelson Mandela candidato come miglior attore nel film “Invictus”. I giganti del cinema tornano dunque a casa con un po’ di amaro in bocca, passando il testimone a talenti di stazza minore, che certo dopo la nottata di ieri non avranno più molto da invidiargli.
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